Una mano in aiuto

Storia d'amore pseudo-incestuoso tra Lea e Carlo, rispettivamente madre e figlio adottivi. Un incidente in moto li avvicinerà, un'improvvisa erezione li legherà in modo irreversibile. Il racconto è liberamente inspirato dal video "Mom's helping hand" (la mano in aiuto di mamma), in cui Kit Mercer interpreta la madre adottiva e Codey Steele il figlio infortunato.

N.B. I protagonisti del racconto si intendono maggiorenni e consenzienti

Quella che andrò a raccontarvi è la storia tra me e Lea, divenuta la donna della mia vita dopo una serie di fatti che hanno segnato la mia vita.

Il mio nome è Carlo, venticinquenne all'epoca dei fatti, figlio di un ricco imprenditore che quasi nulla mi ha fatto mancare nella vita. Dico quasi perchè se da un lato soldi e comodità non me ne sono mancati, dall'altro la sua figura paterna non è stata mai presente in casa.

Lea era l'ennesima donna con cui mio padre aveva tentato di "ricostruire la famiglia" dalle macerie lasciate da mia madre che, stanca delle continue assenze 'di lavoro' di mio padre, era scappata via con un altro uomo, abbandonando anche me.

Dopo un via vai di donne negli anni successivi, alla fine mio padre si era presentato in casa con Lea, una splendida donna, allora trentottenne, castana, con un viso angelico, dei meravigliosi occhi nocciola e un fisico atletico.

"Sarà la tua nuova mamma!" - aveva detto con la sua arrogante presunzione.

Non che io ne avessi bisogno, ma per mio padre, dal momento in cui mia madre era andata via, era diventata una priorità trovarmi un rimpiazzo. Desiderava che io trovassi a casa qualcuno 'che si prendesse cura di me' per mettere a posto la sua coscenza

Lea era l'ennesima donna a cadere nel tranello di mio padre: credendo di diventare 'la moglie del cavalier riccaccione', alla fine si sarebbe ritrovata in casa ad aspettare il rientro del maritino lavoratore ultraimpegnato intento a fare soldi e a salvare il mondo.

A differenza delle precedenti donne avute da mio padre, passato qualche anno, stanca di aspettare, piuttosto che andar via di casa e rifarsi una vita con qualcun altro, aveva concentrato le sue attenzioni su di me, l'unica persona che tornava a casa la sera e che le rivolgesse la parola.

Aveva iniziato a 'prendersi cura' di me in modo sempre più maniacale.
Mi chiedeva continuamente di chiamarla mamma (cosa che non ho mai fatto), mi faceva trovare la stanza in ordine, e poi la colazione, il pranzo, la cena, i cioccolatini sul comodino, i bigliettini 'amore della mamma' nei cassetti...
...insomma sarebbe stata la madre ideale per un ragazzino liceale, non per adulto vaccinato e indipendente come me.

Il suo comportamento era al limite della follia: quando ero fuori casa mi tartassava continuamente di messaggi per chiedermi se stavo bene e sapere quando sarei tornato a casa.
Quando rientravo poi mollava qualsiasi cosa stesse facendo e mi veniva incontro per abbracciarmi.

Più volte le avevo fatto notare quanto le sue soffocanti attenzioni fossero eccessive per un ragazzo della mia età che, tra università, le ragazze e la passione sfrenata per le moto, non aveva più bisogno di quel tipo di figura materna. Più volte le avevo spiegato che mi vergognavo ad invitare gente a casa proprio a causa di quel suo comportamento.

Lei, lì per lì faceva finta di capire, poi scoppiava in lacrime, mi chiedeva scusa e spariva in camera sua.

Qualche ora dopo tornava in giro per casa come se nulla fosse e ricominciava a fare nuovamente la parte della mammina attenta.

'Questa donna sta male' - ripetevo a me stesso. Più volte mi sono chiesto se soffrisse di amnesia temporanea o se il troppo tempo passato da sola in casa l'avesse resa una persona così squilibrata.

Molto presto i suoi comportamenti nonchè il suo rapporto con me sarebbero cambiati radicalmente.

Per una serie di avvenimenti che non starò a raccontarvi mi ritrovai senza amici, senza una ragazza e, ciliegina sulla torta, vittima di un brutto incidente dal quale uscìi quasi illeso.
Una sera, in moto, su una strada viscida, un'auto mi taglia la strada.
Dopo aver rotolato per metri sull'asfalto, sono finito in ospedale con le braccia entrambe fratturate.

Dopo essere stato dimesso, iniziò la convivenza a tempo pieno con Lea.

Con braccia ingessate e dolori in tutto il corpo ero incapace di fare qualsiasi cosa in modo autonomo.
Per Lea era stata una ghiotta occasione per sfogare al meglio le sue manie di dolce mammina e per diventare ulteriormente soffocante.

Trovarsi solo in casa con Lea in quello stato era a dir poco angosciante.

Il continuo 'accendo la tv?', 'vuoi riposare?', 'come ti senti?', 'vuoi cambiare posizione sul letto?', 'hai fame?' mi dava ai nervi. Arrivato al limite di sopportazione, pronto ad esplodere e a insultarla, Lea puntualmente spariva. Non credo fosse un caso, penso piuttosto che fosse capace di intuire al volo quando stavo per perdere la pazienza.

Dopo i primi due giorni dall'inizio di quella convivenza forza era arrivato il momento delle pulizie.

Mentre Lea era intenta a cambiare lenzuola e coperte nella mia stanza, io ero andato in bagno e, dopo essere riuscito a togliermi le mutande da solo, avevo preso una spugnetta e avevo iniziato a lavare quello che le braccia ingessate mi consentivano di lavare.

Schiena, viso e torace erano rimasti fuori.

Lea nel frattempo era entrata silenziosamente in bagno.
Sentivo la sua presenza dietro di me, sapevo che mi stava guardando.
Forse intuiva che un suo intervento non richiesto mi avrebbe fatto sbottare,
o forse si era fermata ad ammirare il mio fisico e le mie 'grazie'.

Di fronte al fatto oggettivo di non riuscire a lavarmi completamente, deciso a mettere da parte l'orgoglio di maschio adulto, mi sono girato a guardarla con espressione implorante.

Lei sorrise e, avvicinatasi, aveva preso una spugnetta umida dal lavandino. Infine, in silenzio, aveva iniziato a lavarmi con delicatezza il viso.
Era la prima volta che guardavo il suo viso da vicino.
Era davvero bella.

Lea poi era passata dietro per lavarmi spalle e schiena.
Tornata di fronte a me per dedicarsi al mio petto, avevo notato che qualcosa nella sua espressione era cambiata: leggevo nei suoi occhi una sorta di imbarazzo.

Nel silenzio della stanza, rotto dal rumore delle gocce del rubinetto che finivano nel lavandino,
il suono del respiro di Lea si era fatto affannato. Lea faceva fatica a nascondere il tremore delle sue mani che adesso si erano fatte incerte.

Quel suo stato aveva fatto scattare in me come una scintilla, scatenando un fiume di pensieri nella mia mente: Lea era una donna e come tale aveva le sue esigenze fisiche, da tempo trascurate da mio padre, eterno assente di questa storia.
Il rossore sulle sue gote, quello sguardo imbarazzato di fronte al mio fisico erano un chiaro segno dell'astinenza a cui Lea era stata sottoposta. Provavo un improvviso interesse per Lea, vederla con gli occhi di un uomo mi aveva fatto uno strano effetto.


Facendo finta di prendere un respiro profondo avvicinai il viso al suo per sentire il suo profumo.

La mia mente nel frattempo aveva cominciato a fare pensieri sempre più spinti.
L'immagine di Lea, femmina perversa, nuda, calda, vogliosa di un maschio che la prendesse e la possedesse con passione fece precipitare gli eventi.

"Carlo!"

La sua voce interruppe i miei pensieri

"...Carlo..." - continuò balbettando - "...ma...ma che...?"

Il suo sguardo imbarazzato indicava il mio cazzo in evidente erezione.

Provai a balbettare qualcosa.
Ero così eccitato e al tempo stesso confuso da non riuscire ad articolare un suono.

Anche Lea nel frattempo, ipnotizzata da quella vista, aveva perso la lucidità e aveva iniziato a farfugliare frasi che la confusione che avevo in testa mi impedì di capire.

"...tuo padre non dovrà mai sapere di questa cosa..." - erano state le uniche parole comprensibili che avevo udito prima che una ondata sensazioni e pensieri seminassero il caos nella mia mente.

Dopo aver fatto scivolare la sua mano sul mio addome e poi sul pube, Lea aveva afferrato delicatamente il cazzo. Nel fare questo si era spostata accanto a me per muovere meglio la sua mano.
Aveva iniziato a guardare un punto fisso nella stanza, per evitare il mio sguardo e la mia erezione.
Con il viso avvampato per l'imbarazzo e con lo sguardo nel vuoto Lea aveva iniziato a farmi una meravigliosa sega.


Tornai a immaginarla a gambe aperte mentre il mio cazzo duro si faceva strada nella sua carne.
Provai a immaginare il suono dei suoi gemiti di piacere. Quei pensieri insani, il suo tocco delicato, la mia astinenza...fu davvero troppo per me!

Ricordo l'orgasmo, la vista che mi si annebbiava e infine le gambe che cedevano sotto al mio peso mentre perdevo conoscenza.

Poi il buio.

Al mio risveglio ero disteso sul letto.
Lea, accanto a me.
Mi fissava preoccupata mentre accarezzava con delicatezza i miei capelli.

"Ch...che è successo?" - sono state le poche parole che sono riuscito ad articolare con un fil di voce.

Vedermi riaprire gli occhi, sentirmi parlare, le aveva fatto improvvisamente tornare il sorriso.

"Sei svenuto in bagno." - il suo sorriso era diventato sardonico.

Cosa voleva dire con quella frase laconica?
Avevo vissuto un sogno? Quello che era accaduto con Lea era stato reale?


Tentai di alzarmi ma una forte fitta di dolore alla schiena impedì di proseguire.

"Shhh...non sforzarti...credo che per qualche giorno dovrai rimanere a letto..." - disse carezzandomi il volto

"Lea...cos'è successo?" - provai a incalzare

"Eri in bagno, ti sei sentito male e..." - Lea continuava ad essere vaga.

Volevo capire se avevo sognato o se quello che avevo provato prima di svenire era successo veramente: "Lea...ti prego...io...io..."

Guardandomi negli occhi aveva capito che era inutile girarci intorno, sarebbe stato impossibile fingere che non fosse accaduto nulla.

E così, preso un bel respiro, iniziò a parlare.


"Mi hai chiesto di lavarti...e poi...poi.." - la sua voce si era improvvisamente fatta roca - "...poi ti sei eccitato...ed io...beh...io ho pensato che..."

Chiuse gli occhi e dopo essersi morsa le labbra continuo:

"Dio! ...io...io credevo in quel momento che ne avessi bisogno...che fosse la cosa più giusta da fare...ma non...non avrei dovuto...capisci?"

I suoi occhi nocciola tornarono a fissarmi: "Insomma, tu sei...e poi tuo padre...e io...".

Non era stato un sogno.

Lea cominciò a parlare come un fiume in piena, raccontandomi del disastro lasciato in bagno, di come era riuscita a trovare la forza di trascinarmi sul letto.
La mia mente intanto era tornata all'istante in cui esplodevo di piacere sotto il morbido tocco delle sue mani.

"...CARLO!"

Ancora una volta la sua voce mi riportava alla realtà, ancora una volta una possente erezione si stagliava davanti ai suoi occhi.

"...Lea...io..." - il mio sguardo supplichevole valeva più di mille parole

"...Carlo...ok...ho capito...non puoi farne a meno...e ne hai bisogno...lo so...ma...ti prego: è un segreto che deve restare tra noi!"

Poi, rassegnata, era tornata ad afferrare il mio cazzo e a menarlo mentre il silenzio scendeva nella stanza.

Questa volta Lea non provava imbarazzo: il suo sguardo era fisso sulla mia erezione mentre la sua mano scorreva su e giù sulla mia pelle.

Tornai a immaginarla posseduta con forza, infilzata dal mio poderoso cazzo in mille posizioni.

Poi arrivò l'orgasmo.
I miei gemiti riempivano la stanza, la mia sborra era schizzata sulle coperte, sul mio petto, sulle sue dita.
L'espressione di Lea era improvvisamente diventata seria.
Mi allungò nervosamente la scatola di fazzoletti che si trovavano sul comodino poi, alzatasi di scatto aveva guadagnato velocemente la porta.

Passarono diversi minuti di silenzio.

Poi dei suoni strani...sembravano singhiozzi.
Stava forse piangendo pentita di quanto aveva fatto?

Chiusi gli occhi per riposare.

Dopo un tempo indefinito la voce di Lea tornò a svegliarmi: "Oddio! Sei ancora così?"
Lea era ricomparsa sulla porta e vedendomi ancora in quello stato pietoso con gli schizzi di sborra dappertutto, si era messa a pulire.
La sua espressione era distesa, rilassata.
Sul suo viso nessun segno di pianto.

Dopo quell'episodio avevamo ripreso la solita pantomima madre-figlio, intercalata adesso da rilassanti parentesi di piacere.
Non mancavo infatti di mostrare a Lea, con finto imbarazzo, la mia quotidiana erezione.
E ogni giorno Lea ripeteva lo stesso copione e le stesse parole: 'non dobbiamo farlo', 'deve restare un segreto tra noi',
'dobbiamo smetterla', poi sega, sborrata, fuga dalla mia camera, singhiozzi e infine pulizia finale.
Con il passare dei giorni ero riuscito ad alzarmi letto e camminare da solo: ero finalmente in condizione di scoprire
cosa combinava Lea dopo la mia sborrata giornaliera, quando fuggiva via a singhiozzare.

Sarebbe stata una scoperta sconvolgente.

Quel giorno, dopo il quotidiano orgasmo e la fuga di Lea, piuttosto che rilassarmi decisi di alzarmi e seguirla.

Lea era corsa in camera sua e nella fretta aveva dimenticato di chiudere la porta.
Si era buttata sul letto e dopo essersi abbassata le mutandine aveva allargato le gambe.
Era così presa da quanto stava per fare da ignorare la mia presenza sulla porta.

La visione paradisiaca della sua fica rasata era già di suo uno spettacolo memorabile,
quello che avrei visto dopo mi avrebbe lasciato senza fiato.

Cominciò a spalmarsi sulla fica la sborra che le era rimasta sulle dita.
Poi, massaggio dopo massagio, era finita per masturbarsi furiosamente.
Prossima all'orgasmo Lea aveva iniziato a gemere, risolvendo di fatto un altro mistero:
quelli che in lontananza sembravano singhiozzi erano in realtà gemiti di piacere.

Dopo averla vista godere, tornai sui miei passi.
Ero ormai ossessionato dalla Lea perversa e lussuriosa lontana anni luce dalla mammina premurosa.
Era chiaro che il desiderio represso di Lea era tornare a scopare, a farsi riempire da un cazzo possente,
a sentire sulla sua fica le roventi gocce di sborra.
Desiderava sentirsi una femmina appagata.

Prima o poi sarebbe stata accontata.

Il piacere della sega quotidiana unito all'immagine di Lea che si spalmava la mia sborra sulla fica aveva reso i miei orgasmi ancora più devastanti.
Lea, vendendomi sconvolto dal piacere, piuttosto che fuggire immediatamente in camera sua,
preferiva trattenersi un po' ad accarezzarmi i capelli e guardarmi riprendevo fiato.

Arrivò il momento di togliere il gesso e di iniziare la terapia riabilitativa.
Giorno dopo giorno facevo passi da gigante nel riacquistare la mobilità perduta,
ma preferivo fare la parte del povero malato di fronte a Lea per paura potesse iniziare a rifiutarsi di farmi la sega quotidiana.

Un giorno, alla fine del massaggio quotidiano, decisi di osare.

Stavo riprendendo fiato dopo aver sborrato sulla mano di Lea.
Avvicinai lentamente la mia mano al cazzo.

"Vedo che stiamo facendo progressi con la riabilitazione!" - affermò soddisfatta

Le afferrai il polso e dopo aver staccato la sua mano dal mio cazzo, gliela avvicinai lentamente al viso.

Lea mi guardava con fare interrogativo.
Le sue dita, ancora sporche della mia sborra, toccarono le sue labbra.

"Ma cos...?" - erano state le sue ultime parole prima che io le dicessi con tono deciso - "Lecca!"

Sapevo di aver scatenato una feroce battaglia nella mente di Lea: ad affrontarsi c'erano la Lea mammina perbenina 'non dobbiamo farlo'
e la Lea femmina maiala 'fottetemi per bene'.

Speravo nella vittoria della Lea maiala.

E così fu.

Dopo un attimo di esitazione le labbra di Lea avevano cominciato a succhiare dalle sue dita il mio nettare.
Lo sguardo di Lea era diventato porco, carico di eccitazione.
Dopo aver ripulito le dita, mi fissò con aria di sfida.
Si alzò per andarsi a posizionare tra le mie gambe decisa ad usare la sua bocca sul mio cazzo.

Inebriata dall'odore di maschio, aveva chiuso gli occhi e si era messa subito all'opera su quello che sarebbe stato il più bel pompino della mia vita.

Ero estasiato da tanta bravura: in pochi attimi il mio cazzo era tornato duro come l'acciaio sotto il sapiente tocco della sua lingua.

Chiusi gli occhi per abbandonarmi a quel turbine di piacere sempre più intenso.

Sborrai come mai avevo fatto, con tutti i muscoli del mio corpo tesi allo spasmo.

Quando tornai lucido la bocca di Lea, ancora avvinghiata alla mia cappella, aveva ripulito tutto.
Lea aveva ingoiato fino all'ultima goccia della mia sborra.

Non avevo più un briciolo di forza, Lea mi aveva letteralmente svuotato le palle.

Mentre riprendevo fiato Lea era tornata sedersi accanto a me, a fissarmi dolcemente e a carezzare i miei capelli.

"Sei un maialino, lo sai?" - disse scherzando.

Poi si era alzata e, al solito, era andata in camera sua...a singhiozzare!

Nei giorni a seguire la sega quotidiana venne sostituita dal pompino quotidiano,
trattamento sempre sconvolgente che mi lasciava puntualmente senza forze.

Avevo fatto sesso con tante ragazze, ma il tocco di Lea aveva qualcosa di veramente speciale...
...dopo averla scoperta come donna sapevo che difficilmente sarei riuscito a farne a meno.

 

Il giorno della fine della riabilitazione era arrivato, il fisioterapista prese le sue cose e,
prima di andar via, annunciò a me e a Lea che ero ormai capace di muovere le braccia senza problemi.

Quella sera, dopo cena, andai in camera e attesi che Lea passasse per darmi quella che ormai era diventata la "sua" buonanotte.
Ma Lea tardava ad arrivare.

Decisi di andarla a cercare.
La trovai in camera sua, seduta sul letto.
Indossava una camicia da notte e stava leggendo un libro.
Aveva l'aria di essere pronta per andare a dormire.

"Dimenticato qualcosa?" - chiesi io

Saltò letteralmente in aria quando mi vide sulla porta.

"Oddio Carlo! Ma...cosa ci fai ancora in piedi?!"

Mi avvicinai a lei, deciso ad ottenere quel che volevo.

"Aspettavo che venissi a darmi la buonanotte...la tua buonanotte...non so se...mi spiego..." - dissi con voce suadente

"Non ti sembra di essere un po' cresciutello per queste cose?" - rispose scimmiottando, facendo finta di non aver afferrato quanto c'era di sottinteso nelle mie parole.

Raggiunto un lato del letto allungai una mano per sfiorarla.
Sapeva quali fossero le mie intenzioni, sapeva quali e quanti sottintesi la mia ultima frase contenesse e non poteva più fingere.
Mi afferrò il polso con forza e guardandomi seria, dritto negli occhi, mi disse:
"Carlo, adesso basta! Avevamo fatto un patto, ricordi? Ti avrei aiutato finchè non saresti stato capace di badare a te stesso. Adesso esci immediatamente da qui!"

"Ma io non posso più fare a meno di te!" - esclamai protestando

La sua mano lasciò il polso per andare a coprire insieme all'altra il suo viso.
La voce severa aveva ceduto il passo a quella della disperazione:
"Carlo, ti prego! ...ti imploro! E' sbagliato, Carlo...quello che abbiamo fatto è sbagliato...come fai a non capire? Io...io sono tua madre!"

Quelle ultime parole mi fecero perdere la testa.

"MIA MADRE UN CAZZO!" - urlai con rabbia.

Lea saltò in aria, scossa dalla violenza e dal tono delle mie parole.
Mi guardò impaurita.

Era la prima volta che urlavo con Lea, deciso a strapparle di dosso per sempre quel velo di ipocrisia che si ostinava a mettere tra me e lei: - "Mia madre è scappata via col primo stronzo che ha trovato!
E sai perchè? Perchè quel coglione di tuo marito, mio padre, non pensa altro che al lavoro piuttosto che fare il suo stracazzo di dovere di marito e di padre! Lui pensa che i soldi possano risolvere tutto, che con i soldi può comprarsi il mio affetto. E adesso sta facendo esattamente la stessa cosa con te! Ti tiene in una vetrinetta come un trofeo, ignorando quello di cui hai realmente bisogno!"


"Carlo...ti prego...smettila..." - tornò a coprirsi il viso con le mani cercando di fuggire almeno con lo sguardo dalla realtà che le stavo sbattendo davanti

Le strappai le mani dal viso afferrandole i polsi e scuotendola con forza

"Guardami!" - urlai

I suoi occhi erano gonfi di lacrime, il suo sguardo basso...pochi attimi ancora e non avrebbe più ascoltato le mie parole.

"Sono i soldi? Uno pseudofiglio da usare come se fosse un bambolotto? Hai bisogno di recitare la parte della dolce mammina per non pensare quanto triste sia il modo con cui quello stronzo di mio padre ti tratta? E' davvero quello di cui hai bisogno? ...TI HO DETTO DI GUARDARMI, CAZZO!" - la scossi ancora una volta agitando i suoi polsi e con loro tutto il resto del suo corpo.

Finalmente i suoi occhi incontrarono i miei.

"Lea, tu sei una donna fantastica e ti meriti un uomo che ti prenda e ti..." - presi un respiro, deciso a schiaffarle in faccia tutta la verità
"...che ti tratti con dignità, che ti faccia sentire donna, che..." - avevo deciso di porre fine ai giri di parole - "...ti scopi! Che ti prenda e ti sbatta con forza e ti faccia godere fino allo sfinimento, esattamente come hai fatto tu con me questi giorni con i tuoi pompini fantastici! Hai un corpo fantastico, che farebbe venirlo duro anche a un morto! E io...io so di piacerti...so che mi desideri!"

Ebbe un sussulto, le mie parole avevano finalmente ridotto a brandelli quel suo velo di ipocrisia.

"Voglio scoparti, Lea, voglio possederti! Voglio vederti godere e godere dentro di te! Non sai quanto ti desidero! Non sai quanto voglia che io e te diventiamo un'unica cosa"

Ci fu un istante di silenzio con i miei occhi persi nei suoi.

Credevo di aver vinto.

Poi le lacrime cominciarono a rigare le sue guance: "Carlo...ti prego...vai via..." - disse piangendo e abbassando lo sguardo.

Tornai in camera, lasciando Lea in lacrime.


La battaglia era persa.

Mi sentivo impotente, rabbioso per la bruciante sconfitta che mi soffocava dentro e fuori.
Mi spogliai e mi misi a letto.

Provai a ripercorrere quanto accaduto durante quei giorni in cerca di un motivo per rassegnarmi, per girare pagina e andare avanti.
Ma l'unica immagine che continuava a girarmi ossessivamente in testa era quella di Lea con in bocca il mio cazzo che mi faceva venire, e poi ancora il suo corpo fantastico, che si impalava su di me, la sua voce che mi implorava di farla venire.
Mi ritrovai a masturbarmi forsennatamente.
Venni all'immagine di Lea su letto a gambe aperte che si spalmava la mia sborra sulla fica.

Riuscito a trovare un attimo di pace, chiusi gli occhi, provando a dormire.
Di tanto in quanto mi svegliavo con la sensazione di sentire Lea singhiozzare di là.
E allora la confusione tornava nella mia testa. Mi rigiravo nel letto e finivo per pensare ancora una volta a lei, a come sarebbe stato fantastico vedere ancora una volta il suo viso sconvolto dal piacere dell'orgasmo.

Alle prime luci dell'alba ero riuscito a prendere sonno.

"Buongiorno campione..." - sentìi sussurrare Lea dolcemente all'orecchio

In uno stato di semi incoscenza non risposi.
Dopo un po' una mano aveva iniziato a carezzarmi i capelli da dietro. Poi ancora la sensazione di strani movimenti del letto, come se qualcuno si stesse muovendo dietro di me e mi stesse spingendo in avanti per farsi spazio tra le coperte.
Provai a mugugnare qualcosa, seccato da quell'improvviso fastidio.
Notai un piacevole tepore sulla schiena.

"...non dirmi che preferisci dormire invece di saltare addosso a quella fantastica donna che ti ritrovi in casa" - questa volta le parole di Lea provenivano da pochi centimetri dal mio orecchio.

"Lea, ma che cosa...?" - mi girai quasi di scatto ritrovandomi il suo viso sul cuscino, a pochi centimetri dal mio.

Lea si era messa sotto le coperte, nel mio letto, accanto a me.
Negli occhi i segni di una notte passata a piangere.

Mi sorrideva.

"Ho pensato tanto stanotte...sai? A quelle cose che mi hai detto...a tutto quello che è successo tra di noi e..."

Il suo volto era tornato serio.

"...penso che tu abbia ragione. Sarebbe meglio che chiudessi la storia con tuo padre."

Mi sentìi gelare il sangue: Lea sarebbe andata via di casa e non avrei avuto più possibilità di conquistarla. Oltre ad aver perso la battaglia pensavo di aver perso anche la guerra.

"Lea, io non..." - tentai di blaterare mentre la mia mente provava a trovare delle parole che potessero farla tornare sulle sue decisioni.

Ma lei mi mise prontamente un dito sulle labbra zittendomi: "Shhh...fammi finire..."

"Io...io....credo di essere attratta da te. Tutte quelle cose che ho fatto per te...credo che di non averlo fatto solo per aiutarti...penso che...insomma...sentire il tuo piacere scorrere sulle mie dita...e poi ancora in gola..."

Si interruppe per prendere fiato.

"Insomma...dopo averti fatto quelle cose...ero così eccitata dai tuoi orgasmi che dovevo correre a sfogarmi in camera, sai?"

Sorrisi.

Scrutò il mio viso con aria stranita. Una scintilla scattò nei suoi occhi,
e improvvisamente disse sbalordita: "tu...tu...tu lo sapevi! ...oddio, Carlo! ...mi hai seguita! ...mi hai visto...cioè...hai visto tutto!"

"...ed è stato meraviglioso!" - conclusi io.

Un meraviglioso sorriso tornò ad illuminare il suo viso.
Mi baciò sulle labbra. Un bacio leggero, da scolaretta innamorata.
Poi un secondo bacio ed un terzo...e poi ancora un quarto mentre le sue mani cingevano il mio viso.

Al quinto bacio le nostre labbra rimasero incollate, si dischiusero lasciando che le nostre lingue cominciassero a giocare insieme.
La dolcezza dei suoi baci aveva ceduto il passo alla passione.
Lottare con la sua lingua mi fece eccitare all'istante.
Il mio cazzo, ormai dritto, sfiorava qualcosa di morbido e caldo sotto le coperte.

Lei, staccatasi imporovvisamente da me, con il sorriso tra le labbra,
fece scivolare una mano sotto le coperte e andò ad tastare la mia erezione.

"Guarda guarda cosa abbiamo qui..." - disse con tono divertito

Senza darmi tempo di reagire, con un gesto repentino della gamba Lea aveva spinto le coperte a terra:
si era infilata nel mio letto completamente nuda!
Rimasi estasiato a guardarla per un istante che, per me, durò troppo poco.

Con fare risoluto Lea si era messa subito a cavalcioni su di me ed era tornata a baciarmi con la stessa passione di prima.
Con il petto premuto sul mio, Lea si muoveva lentamente su di me. Dietro di lei il mio cazzo in piena erezione continuava a sfiorare
quelle che dovevano essere le labbra della sua fica.
Istintivamente iniziai a carezzarle i fianchi per poi passare alla schiena, le spalle, i suoi capelli.
E poi ancora la schiena fino ad arrivare al suo culetto sodo.
Lo strinsi tra le mie dita mentre una piacevole sensazione di possesso, di potere, invadeva la mia mente.

Lea si staccò ancora una volta dalla mia bocca, con una mano raggiunse il mio cazzo e lo guidò dentro la sua fica.
Si alzò su di me e spinse per farlo entrare completamente dentro di lei.
Un caldo abbraccio avvolse il mio cazzo: la sua fica era così fradicia che il mio cazzo non aveva incontrato alcuna resistenza nel farsi strada dentro di lei.

Stavo vivendo un sogno ad occhi aperti.

Lea tornò a baciarmi iniziando contemporaneamente a muoversi su di me.
La sua fica calda e accogliente sembrava calzare perfettamente sul mio cazzone eccitato.

A questo punto probabilmente qualcuno sia aspetterebbe dal mio racconto la descrizione di una folle cavalcata,
di un amplesso da record...insomma di una lunghissima scena porno in cui i protagonisti sembrano fare esercizi ginnici
piuttosto che scopare con passione.

Ma non andò così: ero così in estasi, che, travolto da tutte quelle sensazioni improvvise mi lasciai andare all'orgasmo.

"Ohhh...Carlo...ma cosa fai?!" - esclamò Lea mentre sentiva spararsi dentro la mia sborra calda

L'imbarazzo che provai venne subito spazzato dal suo tono divertito - "...non vedevi l'ora di riempirmi, eh?!"

Tornò a baciarmi delicatamente mentre sentivo le prime gocce di sborra gocciolare dalla sua fica sul mio pube.

"...a questo punto...caro mio campioncino bello...hai due opzioni..." - continuò con tono falsamente serio e alternando parole a baci

"...dal momento che non sono...nè la tua mammina nè la tua sguattera...caro il mio non-ancora-dottore Carlo...
...o pulisci con la tua lingua impertinente...il macello che hai combinato tra le mie gambe...o te lo fai tornare duro immediatamente!"

Decisi di portare avanti in modo diverso quel gioco: "E se invece..."

Lea aggrottò le ciglia in attesa che continuassi.

"E se invece ti dessi una sonora sculacciata?" - aggiunsi facendo colpendo con forza la sua chiappa con la mano

Un oh di stupore dipinse il volto di Lea: "ma sei un Bruto!" - disse scherzosamente

Iniziammo una giocosa lotta, lei tentando colpendo ripetutamente il mio petto e io cercando i possibili punti dove soffrisse il solletico.
Rotolammo giù dal letto finendo uno sull'altra.
Ridemmo.

Cominciai a baciarla nuovamente.
Staccatomi dalla sua bocca feci scorrere le labbra sul suo collo, sul suo petto, sui suoi seni.
Mi soffermai a succhiare i suoi capezzoli mentre il respiro di Lea cominciava a diventare affannoso.
Continuai a scendere seminando sulla pancia, sull'addome, sul pube rasato e infine tra le sue gambe.
Mentre assaggiavo per la prima volta la sua sbroda dolcissima mista alle ultime gocce della mia sborra
Lea posò le sue mani sulla mia testa, come a volermi guidare nell'esplorazione della parte più intima e proibita del suo corpo.

Cominciò a gemere mentre tentava con le dita tra i miei capelli di dare il ritmo giusto alla mia lingua sul suo clitoride.

Indescrivibile l'orgasmo che la travolse.

Tornai su di lei, iniziai a baciarla passandole il sapore dei nostri orgasmi.
Mi era tornato duro.
Tra un bacio e l'altro le infilzai la fica con il mio cazzo tornato in piena erezione.
Un mugugno di piacere di Lea accompagnò quel mio gesto.

Cominciai a fotterla.

Staccata la bocca dalla sua e puntellando le mie braccia mi ero messo a darle colpi sempre più decisi.

"Ohhh...Carlo....come mi scopa bene il mio ometto...."

In preda all'eccitazione le parole di Lea si fecero sempre più volgari e sconclusionati.

"Ahhhh...siiii...che bel cazzone che hai...sfondami per bene...fai vedere alla tua mammina chi comanda in casa!
Scopa la tua mammina...la tua mammina troia..."

La mammina che sognava il rapporto incestuoso con il figlio...era questa la fantasia inconfessata di Lea!
Decisi di assecondarla.

"Ohh mamma...prendi in fica il cazzo del tuo bambino...senti come entro dentro di te!"

"Siiii amore mio...scopa la fica di mamma...scopami forte...fammi godere...fai spacca la fichetta della tua mammina!"
Lea aveva cominciato a torturarsi i capezzoli con le mani mentre con le sue gambe avevano afferrato il mio corpo.

"Godoooo" - fu l'annuncio del suo orgasmo

Qualche istante dopo anche io mi lasciai andare al piacere riversandole in fica la mia sborra bollente.

Restammo immobili uno sull'altro a prendere fiato per un tempo indefinito.
Le sue mani tornarono ad accarezzare i miei capelli.

Un nuovo capitolo della nostra storia era iniziato.
Nei giorni a seguire il pompino quotidiano fu sostituito dalla scopata quotidiana.
Ripresi l'università, mi feci dei nuovi amici a cui presentai Lea come la mia ragazza.
Tornai in sella alla mia moto, questa volta con Lea dietro, stretta forte a me.

Abbiamo infine chiarito con mio padre, che ha accettato la nostra relazione (Lea non era sposata con lui)
e ha deciso di lasciare la casa a noi, con la promessa che io termini l'università e cominci a dare il mio contributo alla sua azienda.

E così è stato.

Pochi giorni fa Lea mi ha confessato di aspettare un figlio, nostro figlio.
Ho vinto la guerra, ho fatto mia una meravigliosa principessa, sono insomma la persona più felice del mondo.

Fine.

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