Paola è una donna in carriera, un po' snob. La sua vita sembra essere perfetta: un marito, una casa, un futuro brillante e il controllo completo di tutto quello che accade intorno a lei. Un legame familiare scomodo mina però questa apparente perfezione: una sorella con un tenore di vita molto più basso del suo, un cognato rozzo. Una imbiancata alle pareti di casa e alcuni imprevisti, la porteranno a cambiare per sempre le sue priorità.
N.B. I protagonisti si intendono maggiorenni e consenzienti
Brillante avvocato lei, quotato ingegnere lui, erano le classiche persone che si sentono realizzate se il loro lavoro va bene, se il loro abito è costoso e griffato. Il loro tenore di vita era ovviamente molto alto, potevano permettersi una bella casa, tante comforts, delle lussuose auto, delle fantastiche vacanze in luoghi paradisiaci, dei pranzi costosi in ristoranti esclusivi.
Conducevano una vita apparentemente invidiabile, da sogno: sempre impegnati e attenti a far carriera a lavoro, sempre in gara con il resto del mondo alla ricerca degli oggetti più ambiti ed esclusivi e del lusso più sfrenato, per forza di cose si erano circondati da falsi amici, per lo più colleghi sottoposti speranzosi di poter approfittare dei loro errori per far carriera, o clienti facoltosi che speravano di poter sfruttare a loro vantaggio la loro dedizione al lavoro.
A letto Paola e Matteo avevano una discreta intesa. Non erano capaci di orgasmi da record,
ma quello che non riuscivano ad ottenere dal piacere sessuale lo compensavano con intensi momenti di tenerezza.
Non avevano figli; i bambini sarebbero stati un intralcio alle loro brillanti carriere.
Praticavano sesso protetto; Paola non prendeva la pillola per via di alcuni effetti collaterali che la facevano star male, e costringeva Matteo a usare i preservativi durante i giorni in cui il rischio di rimanere incinta era più alto.
Giulia e Marco erano invece una coppia molto alla mano, casalinga lei, operaio lui, sposati con tre figli.
Erano le classiche persone festaiole che si avevano bisogno di poco per considerarsi felici:
nella loro ricetta della loro felicità non mancava mai il vino buono, l'allegria e tanto tanto sesso.
Malgrado le ristrettezze economiche dovute al lavoro precario di Marco e al fatto che Giulia avesse preferito rimanere a casa a prendersi cura dei figli piuttosto che lavorare, i due si reputavano soddisfatti di quel che avevano ottenuto dalla vita.
A letto Giulia e Marco ne combinavano di tutti i colori. Affiatatissimi sia sotto le lenzuola che nella vita di ogni giorno, si concedevano sempre un amplesso alla fine della loro giornata per cancellare le incomprensioni del giorno e liberare le loro menti dalle angosce e dalle difficoltà che ogni giorno dovevano affrontare.
Due mondi completamente diversi insomma, quelli a cui le due coppie appartenevano, mondi che non si sarebbero mai incontrati se non fosse che Paola e Giulia fossero sorelle. Sebbene nella vita avessero preso due strade completamente diverse, Giulia e Paola erano molto legate: avevano condiviso un'infanzia felice, avevano affrontato insieme, facendosi forza a vicenda, la perdita del padre durante l'adolescenza e, diventate adulte, quella della madre.
L'invito settimanale a casa di Giulia e Marco, per il pranzo della domenica, era di conseguenza una sorta di tortura alla quale Paola ma soprattutto Matteo, dopo ripetuti scuse e rifiuti, almeno una volta al mese non potevano sottrarsi.
"Ma perchè non ci facciamo un weekend al lago piuttosto che la solita abbuffata a casa dei Simpsons?" - aveva protestato Matteo quella volta, rischiando il divorzio istantaneo. Paola su certe cose era intransigente: mai insultare la sorella e tantomeno il suo stile di vita.
E così, arrivata domenica, Paola e Matteo erano andati a casa di Giulia e Marco per il pranzo di famiglia. Dopo l'ennesima abbuffata era arrivato l'ennesimo caffè post pranzo con chiacchierata tra Paola e Giulia, mentre Matteo e Marco cercavano di tenere testa nel piccolo giardino ai tre piccoli delinquenti della famiglia.
Durante quella chiacchierata Giulia aveva confidato alla sorella che il marito in fabbrica non se la stava passando molto bene, c'era aria di licenziamento e con tre figli a carico la loro situazione economica era tuttaltro che rosea. Paola si era messa subito a disposizione per un aiuto immediato, ma Giulia era stata categorica: niente regali, niente prestiti. Si erano scervellate insieme a cercare una soluzione dignitosa, un aiuto che non potesse ledesse la dignità e l'orgoglio di Giulia. Paola allora aveva parlato a Giulia di casa sua, di quanto fosse necessaria un'imbiancata alle pareti interne, delle cianfrusaglie in garage di cui lei e Matteo si volevano sbarazzare da tempo.
"Perchè non chiedi a Marco di venirci ad aiutare?" - aveva chiesto Paola
Giulia, seppur con ritrosia, aveva accettato l'idea e il discorso era momentaneamente finito lì.
Avevano poi continuato a parlare e, tra un discorso e l'altro erano arrivate ad un argomento abbastanza scomodo per Paola: i figli. Giulia da un lato avrebbe voluto condividere con la sorella l'esperienza della maternità, Paola dall'altro lato le ripeteva di sentirsi realizzata così, convinta di non essere capace di fare la mamma. Le portava sempre l'esempio di quel giorno in cui si era ritrovata da sola a tener testa ai nipoti, i figli di Giulia, si era sentita a disagio, aveva dimostrato a sè stessa di essere incapace di tenere sotto controllo quelle tre pesti.
"Non sono buona a fare la zia, figuriamoci la mamma" - aveva detto con mesta rassegnazione.
Giulia aveva cercato di rincuorarla spiegandole che il mestiere dei genitori è qualcosa che si impara ogni giorno, che essere genitore significa spesso non riuscire a tenere tutto sotto controllo,
che dietro a quel apparente folle trambusto di tre piccoli scapestrati c'era tanta allegria e tanti sorrisi
che nessuna cosa al mondo sarebbe stata capace di ripagare.
Il discorso finì sul sesso: Giulia continuava a meravigliarsi di come la sorella riuscisse a tenere sotto controllo il marito tra preservativi e calcoli dei giorni non fertili.
"A Marco capita che gli venga voglia nei momenti più impensati...ormai mi sono abituata a girare senza mutandine per essere pronta a soddisfarlo in qualsiasi momento" - aveva rivelato Giulia alla sorella arrossendo.
Paola era rimasta senza parole: sin da ragazza Giulia aveva perso la testa per Marco, un donnaiolo, un poco di buono. Malgrado anni e anni di corna, Giulia non aveva mai mollato e alla fine aveva deciso di sposarlo e di fargli mettere la testa a posto. E probabilmente ci era riuscita. Dopo il matrimonio i tradimenti erano finiti: Giulia era riuscita a dare a suo marito tutto quello che voleva quando voleva, rimanendo incinta per ben tre volte. Per lui aveva rinunciato allo studio, a un lavoro, a una carriera.
Non era la prima volta che Paola provava un po' di pena per sua sorella e rabbia nei confronti di suo cognato, incapace, a suo dire, di dare un futuro dignitoso alla sua famiglia. Più di una volta Paola si era chiesta cosa Giulia ci trovasse di così speciale in quel poco di buono. Una volta, in confidenza, aveva pure avuto il coraggio di chiederglielo.
Giulia, con grande naturalezza, uno sguardo complice e un grande sorriso malizioso sulle labbra, le aveva risposto: "Scopa da Dio".
Nel mondo in cui Paola era abituata a vivere una tale risposta era inconcepibile, insufficiente a spiegare quell'attaccamento della sorella al marito. Alla fine Paola si era rassegnata a non capire rispettando le scelte che aveva fatto sua sorella.
Terminato il caffè era arrivato il momento dei saluti. Paola aveva annunciato a suo marito di aver trovato chi avrebbe ridipinto loro casa, aiutandoli a disfarsi delle cose inutili in garage, proponendo indirettamente al cognato il lavoro. Matteo, seppur perplesso, aveva intuito che dietro alle parole di Paola si nascondesse un aiuto economico e pertanto non aveva obiettato nulla. Marco, dal canto suo, senza tanti giri di parole, aveva detto che il giorno dopo avrebbe iniziato il periodo di cassa integrazione e che sarebbe stato disponibile ad iniziare fin da subito.
"Che ne dici se lo facciamo venire domani?" - aveva proposto Paola al marito
"Ma amore! Domattina mi inizia la settimana di trasferta. Sarò via di casa e non potrò stare dietro a Marco e al suo lavoro" - aveva risposto Matteo
"Non preoccuparti, in questo periodo ho poco lavoro, posso rimandare gli appuntamenti che ho e pensare io a seguire Marco" - le rispose Paola
Così, il giorno dopo, di buon mattino, Marco si era presentato a casa loro in tuta da lavoro e alcuni attrezzi che aveva recuperato in casa.
Paola l'aveva fatto entrare in cucina e gli aveva offerto un caffè in quanto Lei e suo marito non avevano ancora terminato di fare colazione.
Dopo aver la colazione, Matteo aveva salutato tutti, un bacio alla moglie, una pacca al cognato ed era uscito di casa per salire sul taxi che l'aspettava fuori e che l'avrebbe portato in aeroporto. Paola e Marco erano rimasti da soli.
Nei minuti seguenti l'uscita di Matteo era sceso un silenzio imbarazzante: Paola di fronte al cognato si sentiva d'improvviso come impacciata, strana. Aveva cercato di trovare una spiegazione a quella sorta di malessere interiore: era forse il periodo di ovulazione iniziato da poco o la serie di contrattempi che non le avevano permesso di ricevere le giuste attenzioni da Matteo, o forse era la presenza del cognato e il ricordo delle parole di Giulia "scopa da Dio". Si sentiva addosso gli occhi di Marco; forse lui aveva intuito qualcosa dei suoi strani pensieri o molto più probabilmente non era abituato a vedere la sua griffatissima cognatina perfettina indossare un semplice di seta.
"Andiamo in garage, ti faccio vedere cosa c'è da fare" - aveva detto Paola, cercando di rompere il gelo tra i due.
Lo aveva poi condotto in garage, aveva spostato le auto in giardino per fare spazio e gli aveva spiegato cosa avrebbero dovuto tirare fuori per poi buttarlo e quello che invece sarebbe dovuto rimanere.
"Vado a mettermi qualcosa di adatto per aiutarti" - aveva detto prima di lasciar solo il cognato in garage.
Era andata in camera da letto e aveva indossato una deliziosa tutina da jogging: pantaloncino leggero e canotta aderente. Prima di raggiungere Marco aveva indugiato qualche istante allo specchio, colta da un'improvviso ed inspiegabile impulso di vanità.
"Oh mio Dio...ma cosa sto facendo?" - aveva detto tra sè e sè, distogliendo lo sguardo dallo specchio - "...devo aiutare mio cognato, mica sedurlo!"
Nel frattempo un enorme boato proveniente dal garage l'aveva messa in allarme. Corsa giù in garage,
aveva trovato Marco intrappolato sotto ad alcuni scatoloni e a un pesante scaffale, venuto giù insieme agli scatoloni.
"Marco! Come stai?" - aveva urlato preoccupatissima mentre la nuvola di polvere alzatasi dopo il crollo cominciava a diradarsi.
"Questa merda di scaffale...ha ceduto...ma porc" - a quelle parole era seguito un bel bestemmione che piuttosto che scandalizzare Paola, le aveva provocato uno strano brivido alla schiena. Paola non aveva perso altro tempo e aveva cercato di spostare gli scatoloni e parte dello scaffale crollato, nel tentativo di raggiungere il cognato.
"Sei ferito? Ce la fai?" - aveva urlato a Marco
"Si...ce la faccio...ma quel coglione che vi ha montato questo scaffale lo sapeva che ci stanno dei buchi per fissarlo a muro ed evitare che venga giù?" - aveva risposto Marco, facendo seguire le sue parole da altre bestemmie.
"Quel coglione...sarebbe mio marito" - cercò di spiegare Paola, sperando che Marco riuscisse ad essere comprensivo
"Ma complimenti all'ingegnere! Laurea e master e poi non sa mettere un paio di tasselli a muro. Cos'è? Il tuo dolce maritino non sa come si usa il trapano?" - aveva replicato Marco con rabbia
"NON TI PERMETTERE!" - aveva urlato Paola, punta improvvisamente nell'orgoglio da quelle parole che lasciavano troppo spazio ad un imbarazzante doppio senso.
"Perchè, altrimenti che fai?" - aveva risposto il cognato guardando Paola in cagnesco - "Se non sbaglio i laureati in questa casa sono due. Avete idea di cosa vuol dire 'misure di sicurezza' sul posto di lavoro? Ci avrei potuto rimettere la pelle! Sono anni che scioperiamo per avere tutele e poter riuscire a tornare
a casa vivi! E quelle merde di avvocati come te..."
"MARCO!" - aveva urlato Paola interrompendo quello che suo cognato stava per dire.
Marco abbassò lo sguardo, conscio che la sua lingua era andata troppo oltre.
"Perdonami Paola. Mi sono lasciato trasportare. Il lavoro in fabbrica non ti deve riguardare" - aveva detto a voce bassa
"Lascia perdere. Proviamo a mettere a posto questo casino" - aveva proposto Paola, sinceratasi che il cognato non avesse nulla di rotto.
E così i due si erano messi a lavoro di buona lena. Dopo aver ammassato tutti gli scatoloni fuori, aver fatto la cernita della roba da buttare e quella da rimettere dentro, Marco si era proposto di aggiustare lo scaffale.
Paola aveva accettato e, seguendo le indicazioni del cognato, lo aveva aiutato a ripristinare lo scaffale e a metterlo in sicurezza.
Durante l'ultima fase, quella del fissaggio a muro, Marco era salito sulla scala per agganciare la parte più alta dello scaffale.
Paola nel reggergli la scala si era improvvisamente ritrovata con il viso a pochi centimetri dal suo pacco.
L'odore di maschio che emanava il cognato, quel bozzo sui pantaloni avevano immediatamente portato Paola a fantasticare su come doveva essere quel palo di carne che stava lì nascosto da quel tessuto sbiadito e macchiato...se lo immaginava grosso, duro, e pronto a spaccare in due la fica vogliosa di sua sorella.
"Paola!...PAOLA!!" - aveva urlato più volte Marco, distogliendo la mente della cognata da quegli strani pensieri
"Eh?" - aveva risposto al cognato con sguardo ancora sognante
"La brugola! Passami quella cazzo di brugola!" - le aveva ripetuto Marco, facendo seguire le sue parole da una sfilza di imprechi
Finirono di montare lo scaffale. Marco vi salì sopra e ci si sedette con espressione trionfante: "Vedi come sta sù? Basta saper usare il trapano nel modo giusto" - disse ammiccando.
Paola sorrise cercando di passar sopra all'evidente allusione. Dopo aver rassetato il garage e aver riposto gli ultimi scatoloni sullo scaffale si erano guardati con aria soddisfatta.
"Sei una ottima aiutante." - aveva ammesso Marco - "Casomai ti dovesse andar male il lavoro, un posto in fabbrica te lo trovo. L'importante è che non vieni vestita in quel modo..."
"Perchè, cos'ho che non va?" - aveva chiesto Paola tra l'incuriosito e il seccato
"Il culo e le tette coperte in quel modo sembrano urlare scopami...e ti assicuro che i miei colleghi su certe cose non si fanno pregare. Finiresti in men che non si dica a gambe divaricate sul bancone degli attrezzi, sbattuta e sfondata a turno dai loro enormi cazzoni".
Ancora una volta la lingua di marco era andata troppo in là con gli apprezzamenti.
Tuttavia Paola, piuttosto che sentirsi offesa e rimproverarlo aveva risposto a tono: "E tu che faresti? Resteresti a guardare?"
Marco si era reso conto di quanto era stato pesante ed era improvvisamente diventato rosso: "Scu...scusa Paola. Non volevo...è che in fabbrica con i colleghi c'è sempre quest'atteggiamento da casermone"
"Lascia stare" - gli aveva risposto - "Piuttosto, si è fatta ora di pranzo...andiamo a mangiare?"
"Ok" - aveva detto Marco avviandosi verso la sua macchina
"Ma...che fai? Vai a mangiare a casa? Vieni dentro!" - lo aveva invitato Paola
Marco nel frattempo aveva tirato fuori dalla macchina una fiaschetta di vino:
"Mi ero portato il pranzo casomai tu fossi andata via. Accetto l'invito ma, se permetti, il vino lo metto io!"
Durante il pranzo Marco si era preoccupato di tenere sempre pieno di vino il bicchiere della cognata che, per non indispettirlo, aveva bevuto molto di più di lui.
Alla fine del pranzo Paola aveva provato ad alzarsi rischiando di cadere rovinosamente a terra: il vino le aveva dato alla testa.
"Marco, non mi sento bene...mi aiuteresti ad arrivare al divano?" - aveva chiesto preoccupata al cognato
Marco, ridacchiando, la aveva aiutata a sdraiarsi sul divano, poi era andato in cucina preparare il caffè.
"Ascolta...chiudo un'attimo gli occhi...trovi la caffettiera pronta sul fornello...se ti serve qualcosa fai come se fossi a casa tua" - aveva sussurrato Paola.
Dopo aver chiuso gli occhi, la sua mente era tornata ai pensieri proibiti, passando dall'immagine del cognato che possedeva con forza sua sorella a quella di lei sul banco degli attrezzi in fabbrica, seminuda e sporca di grasso, che veniva posseduta a turno da operai sporchi e sudati.
La sua fica si era bagnata e aveva cominciato a reclamare attenzioni. Senza curarsi di quello che stava accadendo attorno a lei, Paola aveva portato una mano sotto ai pantaloncini e alle mutandine fradice e aveva iniziato a masturbarsi lentamente.
Aveva iniziato a sospirare, mentre nella sua mente l'immagine di enorme cazzone le spaccava la sua fica grondante facendola gemere come una maiala.
Il rumore di una zip l'aveva improvvisamente riportata.
Dopo aver aperto gli occhi, Paola si era ritrovata il cognato in piedi, a pochi metri da lei, con il suo arnese duro tra le mani che la fissava in mezzo alle gambe. Si massaggiando lentamente, Marco, beandosi della vista della cognata: un pantaloncino fradicio di umori e una mano sotto alla stoffa che stava carezzando una fica sbrodolante.
Ormai la frittata era fatta: Paola colta in un momento di debolezza era incapace di dare una spiegazione convincente al cognato.
Decise di chiudere gli occhi continuò a carezzarsi in modo sempre più frenetico, spostando lateralmente la stoffa delle mutandine che le copriva la fica e permettendo agli occhi di Marco una visione chiara delle sue grandi labbra gonfie.
Marco si era avvicinato timidamente continuando a stringere il cazzo tra le mani.
Le si era inginocchiato tra le gambe ormai spalancate. Era trattenuto dalla paura di sfiorarla e causarle un improvviso ripensamento.
Paola aveva cominciato a gemere aprendo ulteriormente le gambe. Marco perse la lucidità e si fiondò tra le gambe della cognata iniziando a leccare avidamente i succhi copiosi che uscivano dalla sua fica.
Il tocco della bocca del cognato aveva scatenato l'orgasmo in Paola che, contorcendosi per il piacere,
gli aveva afferrato la testa e gliel'aveva spinta con forza tra sue le gambe.
Marco aveva continuato a leccare senza fermarsi nemmeno quando il corpo della cognata aveva smesso di agitarsi. Poi si era tirato su e le aveva piazzato il cazzo eretto all'imboccatura della fica, deciso a possedere la cognata.
Si sentiva soddisfatto: dopo anni di sogni proibiti sulla cognata spocchiosa e con la puzza al naso,
finalmente si ritrovava tra le sue gambe con la cappella che premeva sulla sua vulva bagnata.
Dopo un attimo di esitazione aveva iniziato a penetrarla lentamente.
Paola, sentendosi riempire da quell'enorme palo di carne, venne investita da una nuova ondata di piacere perverso. Il cazzo di Marco entrò completamente dentro di lei, era grosso quanto quello del marito, ma molto più lungo. Paola se lo sentiva premere chiaramente contro la cervice. Immaginava la cappela pulsante pronta a sborrarle dentro.
Un flash le sconvolse la mente: l'immagine della cappella di Marco che eruttava potenti schizzi di sborra direttamente nel suo utero fecondandola.
Marco era dentro di lei senza alcuna protezione, lei era in piena ovulazione...sarebbe bastata solo qualche goccia di sborra per rimanere incinta.
"Marco...ti prego...no..." - aveva detto con un fil di voce al cognato
Marco, allora si era sfilato lentamente rimanendo però con la cappella lucida puntata sulla sua fica.
Paola sentì una strana sensazione di malessere: la sua fica, svuotata da quel palo di carne, aveva cominciato nuovamente a reclamare attenzioni. L'istinto prese il sopravvento sulla razionalità e Paola iniziò a spingere il bacino in direzione del cazzo di Marco
"Sei una gran troia!" - aveva esclamato Marco affondando con forza il cazzo dentro di lei - "Mi dici che non vuoi, mi sbatti la fica in faccia...poi te ne penti..."
Marco dopo essersi ritratto tornò ad affondare di nuovo il palo di carne dentro Paola che non riuscì a trattenere il gemito di piacere
"Troia...sei solo una troia!" - un nuovo affondo di Marco, un nuovo gemito di Paola
"...fai la preziosa...la schizzinosa..." - altro affondo, altro gemito
"...fai la superiore...credi di essere capace di tenere tutti a bacchetta..." - ennesimo affondo, ennesimo gemito
"...poi ti bastano pochi centimetri di carne per perdere la testa..." - ancora un altro affondo, ed ancora un gemito di Paola
"...mi dici no...poi sì...cosa vuoi? Eh?" - nuovo affondo, nuovo gemito
Con l'ultimo barlume di lucidità Paola era riuscita a implorare: "Ti prego...non venirmi dentro...solo questo..."
Marco, senza aggiungere altro, aveva iniziato a dare un ritmo a quelli che erano affondi isolati.
Paola perse la testa, abbandonandosi alle ondate di piacere sempre più intense fino all'orgasmo, il secondo, intenso tanto quanto il primo. Marco si sfilò da lei lasciandole prendere fiato. Si sdraò sul divano accanto a lei con il cazzo ancora in tiro.
"La signora desidera che non le venga dentro...accontentata! Adesso vedi tu di soddisfarmi come meglio credi: o me lo succhi oppure mi scopi" - aveva detto Marco
Paola, ormai assuefatta da quel palo di carne, dopo essersi tolta mutandine e pantaloncini, si era posizionata a cavalcioni su Marco e aveva guidato dentro di se il suo cazzone ancora eretto.
"Ecco brava...la signora ha di nuovo tutto sotto controllo...mi limiterò ad avvertirti quando vengo, sarà compito tuo farmi uscire..." - le aveva sussurrato.
Paola cominciò a muoversi e a cavalcare il cazzo del cognato con rinnovata passione.
Marco non aveva però alcuna intenzione di starsene li a godersi passivamente il corpo della cognata.
La voleva vedere godere di nuovo, voleva che lei perdesse la testa ancora una volta.
Portò le mani sul suo seno, alzandole la canotta e iniziò a torturare con i polpastrelli i capezzoli già irti e duri. Paola dovette gradire molto quel trattamento, visto che aveva iniziato ad intensificare la frequenza con cui si muoveva su Marco.
Ma a Marco non bastava, sapeva che poteva ottenere molto di più dalla cognatina. Con un movimento improvviso tirò sù la schiena, portò la bocca su uno dei capezzoli di Paola e cominciò a succhiarlo con avidità mentre con una mano continuava a torturare l'altro capezzolo e con l'altra aveva afferrato una natica.
Quel trattamento stava spingendo Paola ad un nuovo, pericoloso, orgasmo, durante il quale sapeva che ogni tentativo di tenere sotto controllo la situazione sarebbe stato vano.
Ancora una volta l'immagine di suo cognato che le veniva dentro ingravidandola le si era piazzata in mente.
Ma questa volta immaginava il suo viso non terrorizzato, ma piacevolmente appagato.
L'idea perversa di farsi mettere incinta dal cognato improvvisamente le causava una profonda e lussuriosa eccitazione.
Proprio in quel momento Marco, staccatosi dal suo seno e lasciatosi cadere sul divano, le aveva annunciato che stava per venire.
"Paola, ci sono...se non ti togli adesso..." - erano state le sue ultime parole.
Ancora una volta l'istinto aveva sopraffatto Paola che, bloccatasi sul cazzo del cognato, profondamente piantato nelle viscere, si era preparata a ricevere una scarica di sperma dritta nel suo fertile utero.
Schizzo dopo schizzo, era stata poi scossa da un nuovo orgasmo reso devastante dall'idea che quei potenti fiotti avevano preso l'inesorabile via del suo utero. Si stava facendo mettere incinta da suo cognato, stava tradendo suo marito, la sorella, aveva fatto a pezzi ogni briciolo di dignità lasciando che un semplice bastone di carne la sottomettesse e cambiasse per sempre la sua vita.
Ma era tutto terribilmente piacevole.
Si era accasciata senza fiato sul corpo ansimante del cognato. La sua bocca in modo istintivo aveva cercato quella di Marco. Lo aveva baciato, assaporando i succhi che lei stessa aveva prodotto prima, quando si era lasciata leccare tra le gambe.
Ormai il danno era fatto. Paola sapeva che il potente sperma del cognato era in viaggio verso i suoi ovuli.
Decise di comune accordo con lui, di passare il resto del pomeriggio sul divano, a farsi imbiancare la fica piuttosto che la casa.
Quel giorno provò nuove posizioni, indicibili sensazioni, gli svuotò completamente le palle, mandandolo a casa esausto ma soddisfatto.
Nei giorni successivi i due imbiancarono casa, in senso proprio e in senso lato.
Passato un mese Paola annunciò al marito l'inattesa gravidanza, giustificandola con un errato calcolo del periodo di ovulazione.
Le due famiglie adesso sono molto più unite, la casa di Paola ben imbiancata, il garage in ordine e una stanzetta è stata arredata per accogliere il bebè in arrivo. Paola è inspiegabilmente diventata molto più focosa a letto con Matteo, sembra insaziabile. Spesso Matteo fa fatica a tener testa alle voglie della mogliettina.
Per fortuna, di tanto in tanto, Paola chiede un furtivo aiuto a Marco, la cui grande esperienza con il trapano riesce a lasciare sempre soddisfatta l'esigente cognata.