La promessa di Laura

Una delusione amorosa, la profonda disperazione di una ragazza, il conforto fraterno, la gioia di ritrovarsi a ridere e scherzare come lo si faceva da bambini e infine la rivelazione di intimi segreti. Questo il sunto del racconto di fantasia che vi propongo adesso.

N.B. I protagonisti si intendono maggiorenni e consenzienti

Ero appena rientrato a casa e avevo incrociato mia madre in cucina.
Aveva una espressione molto preoccupata.
Le chiesi cosa fosse accaduto, temendo fosse successa qualche disgrazia seria.
"Tua sorella." - mi rispose laconicamente

La cosa era seria, ma pensai che se fosse stato qualcosa di veramente grave sicuramente mamma non se ne sarebbe stata in cucina seduta al tavolo facendo punto croce per farsi passare l'ansia che aveva addosso.

"Dov'è?" - le chiesi.
"Sù, in camera sua. Sta piangendo. Non so se è il caso che tu vada. Io ho cercato di consolarla e mi ha cacciato via a suon di insulti" - mi disse con un tono che lasciava trasparire inequivocabilmente rabbia.

Mamma è così: crede di poter aggiustare le cose dispensando consigli che riflettono sempre e solo il suo punto di vista. Appena le fai notare che quello è il suo punto di vista e che non tutti possiamo pensarla come lei si incavola e urla che lei la soluzione ai problemi che hai te l'ha data e che è colpa tua se il tuo problema è ancora lì perchè non hai voluto seguire il suo consiglio.
Decisi di salire in camera di mia sorella ed andare a chiedere direttamente a lei il motivo della "disgrazia" lasciando mamma a sbollire la rabbia con il suo punto croce.
Il pianto e i singhiozzi di mia sorella Laura erano così forti da sentirsi chiaramente anche in strada.
Pensai che la situazione doveva essere abbastanza grave. Entrai in camera sua senza bussare, correndo il rischio di venir insultato "per aver violato la sua privacy". La trovai buttata sul letto tra diecimila fazzoletti, con la testa sul cuscino e i lacrimoni che le rigavano il viso. Chiusi la porta dietro a me. Senza dire nulla, presi una sedia e mi andai a sedere accanto al letto. Rimasi in silenzio a fissarla mentre lei continuava a piangere.

Non sapevo ancora cosa le fosse successo ma la conoscevo così bene da sapere che se avessi provato ad abbracciarla per confortarla avrei fatto la stessa fine di mia madre: cacciato via ad insulti. Nello stato in cui si trovava era incapace di ammettere di aver bisogno di qualcuno per consolarla. Potrebbe apparire complicato da capire, ma il carattere di Laura era così: proprio nel momento in cui si sentiva più vulnerabile non riusciva ad ammettere di aver bisogno di aiuto. Continuai a fissarla senza dire nulla. Sebbene fossi preoccupato, cercavo di mostrarmi sereno e di trasmetterle serenità.

Mi misi sulla difensiva chiedendole: "posso rimanere?"
Non rispose. Nel suo modo di fare quello era un sì. Attesi pazientemente il momento in cui decidesse di permettermi di abbracciarmi. Ci mise un quarto d'ora, un tempo infinito per qualsiasi persona che, volendole bene, avrebbe voluto confortarla e non poteva farlo. Poi mi guardò e mi disse: "Mi ha lasciata." - prima di ricominciare a piangere.

La conoscevo così bene da sapere che quella era la sua luce verde: mi alzai dalla sedia e mi misi sul letto accanto a lei in modo da poterla stringere. La situazione era dunque molto molto seria: dopo anni di fidanzamento, il suo "primo vero amore" l'aveva mollata. Prima o poi sarebbe dovuto accadere. Lui aveva lasciato la città per iniziare a lavorare in un posto abbastanza lontano e, da quello che avevo saputo per vie traverse, aveva iniziato a frequentare altra gente e altre ragazze. Il loro rapporto a distanza non sarebbe potuto durare molto. Mia madre aveva sostenuto la tesi che "doveva andare così", atteggiamento che aveva fatto perdere la testa a mia sorella incapace di riuscire a rassegnarsi e voltare pagina come se nulla fosse.

La tenni stretta a me, lasciando che il suo viso si posasse sul mio petto. Poco importava che le sue lacrime inzuppassero la maglietta che indossavo, era molto più importante che si sfogasse e che si calmasse. Le infilai una mano tra i capelli, portando i miei polpastrelli appena sopra la nuca e iniziando un massaggio leggero e delicato. Sapevo bene che le carezze in quel punto l'avrebbero fatta rilassare un po'. Ed avevo ragione: dopo qualche minuto si era calmata e aveva smesso di piangere. Restammo abbracciati e in silenzio per parecchio tempo. Non sapevo che ora si fosse fatta, sapevo solo che quando ero entrato era pieno pomeriggio e adesso dalla finestra non entrava più luce.

Da quando aveva smesso di piangere non si era più mossa, sentivo il suo respiro leggero, forse si era addormentata. Non ebbi il coraggio di rompere l'incantesimo che ero riuscito a fare, scendendo dal letto e lasciandola sola, mi limitai a smettere di massaggiarle la nuca.
Improvvisamente mi disse sottovoce: "Non riuscirei a vivere senza di te, fratellone...sei l'unico che mi capisce".
Qualsiasi altra persona al posto mio si sarebbe messa a ridere: non avevo fatto assolutamente nulla se non aspettare il momento giusto per abbracciarla e lei aveva il coraggio di dire che la capivo?
Tornai a massaggiarle la nuca: "Qualsiasi decisione tu prenda, sarò sempre dalla tua parte, lo sai." - le dissi sottovoce cercando di essere più neutrale rispetto all'opinione di mamma.

Allungai la mano in cerca della luce sul comodino. Dopo averla accesa presi un fazzolettino pulito e glielo passai. Si soffiò il naso a più riprese. Dopo la terza soffiata iniziai a cadenzare le sue soffiate con dei "soffia!".
La sentìi ridere: quel "soffia!" era tipico dei nostri genitori quando da bambini eravamo raffreddati e ci soffiavamo il naso.
"Cretino!" - mi disse ridacchiando - "Sei un cretino."
"Ma come? Prima mi dici che non riusciresti a vivere senza di me e poi mi prendi a pesciate in faccia?" - protestai

Mosse la testa in modo da poter guardarmi negli occhi. I suoi occhi, illuminati dalla soffice luce dell'abatjour, erano adesso più sereni, il viso era molto più rilassato e la sua bocca cercava di trattenere il sorriso che ero riuscito a causarle. Mi diede un bacio sulla guancia e rimase distesa accanto a me a farsi coccolare ancora un po'.
 
"Si sarà fatta ora di cena." - le dissi - "...te la senti di scendere giù? Preferisci che ti salga qualcosa da mangiare?"
"Sì" - mi rispose. Sapevo che si trattava della risposta alla mia seconda domanda.
Tornai in cucina. Mamma aveva fatto sbollire la rabbia ed aveva preparato la cena per tutti.
"Che dice quella?" - mi chiese seccata; le era difficile ammettere che ero stato capace di riuscire là dove lei aveva fallito.
"S'è calmata, le è tornata la fame, ma non vuole scendere" - le risposi.

Fece uno di quei classici sospiri che vogliono dire "santa pazienza!". Prese il portavivande che normalmente usiamo per portare la cena a chi è malato e costretto a letto e ci mise la cena per mia sorella. Mangiai un boccone al volo prima di prendere il portavivande e tornare da mia sorella.
"Servizio in camera per la mia principessina!" - le annunciai entrando.
Laura mi accolse con un gran sorriso: adorava sentirsi chiamare principessina da me, la faceva tornare piccina, le faceva rivivere quelle bellissime giornate della nostra infanzia quando dopo averla chiamata principessina la prendevo a braccetto e con passo principesco passavamo in rassegna le truppe di peluche che avevamo schierato in salotto.

Iniziò a mangiare. Il fatto che avesse appetito era un buon segno.
Ad un certo punto, sentendo brontolare la mia pancia si bloccò: "Ma tu hai mangiato?" - mi chiese
"Era più importante che mangiassi tu" - le risposi.
"Dài, non fare l'idiota, siediti sul letto e aiutami a finire la cena" - mi disse.
Iniziammo a mangiare insieme iniziando a rubarci il cibo: un gioco infantile che eravamo soliti fare quando eravamo costretti a mangiare nello stesso piatto.
"Noo!" - esclamò lei con aria falsamente dispiaciuta quando presi dal piatto l'ultimo boccone.
Lo tenni a pochi centimetri dalla bocca, facendo finta di addentarlo.
"No, no, no, no" - continuò a dire con voce supplichevole.
"Ok, ma tu che mi dai in cambio?" - le chiesi, facendole intendere che ero disposto a cederle l'ultimo boccone.
Mi guardò con i suoi occhioni grandi e dopo un attimo di esitazione con voce infantile mi disse: "Il tesoro delle gemme!"

Il tesoro delle gemme era un piccolo contenitore di plastica dove da piccoli mettevamo le nostre biglie di vetro. Più volte avevamo litigato per il possesso esclusivo e una volta eravamo arrivati addirittura a fare a botte.

"Noooooo" - dissi con voce stupita - "...il tesoro delle gemme!"
Le cedetti il boccone e aspettai che lo ingurgitasse. Poi, con fare innocente mi disse: "Finito!"
"E il tesoro?" - chiesi con aria delusa.
"Non te lo meriti" - mi rispose sorridente.
"Brutta monella che non sei altro!" - protestai con aria falsamente arrabbiata.
Le saltai addosso rovesciando a terra il portavivande, inziando a solleticarla dappertutto.
Laura cercò invano di difendersi iniziò a ridere e cominciò ad urlarmi di smettere.
"Mi farò pipì addosso!" - mi urlò disperata tra una risata e l'altra.
"Hai pianto così tanto che è impossibile che tu possa avere pipì" - le dissi scherzando, continuando a solleticarla.
"Imbecille" - mi rispose ridendo

Mamma, sentendoci ridere, ci raggiunse in camera: "Avete finito di fare i cretini?" - ci apostrofò vedendo il portavivande a terra e noi due intenti a lottare.
Continuammo a lottare facendo finta di nulla mentre mamma raccoglieva da terra il disastro che avevamo combinanto. Se ne andò brontolando con il portavivande in mano, lasciandoci soli.

"Pacionzola!" - urlò mia sorella. Era la parola d'ordine che avevamo concordato da piccoli e che metteva fine a ogni gesto belligerante. Ci fermammo a guardarci. Finalmente dallo sguardo di Laura traspariva serenità. Il temporale dentro mia sorella era alle spalle, ma sapevo che sarebbe potuta tornare a piangere se mi fossi allontanato da lei.

"Pacionzola solo se mi prometti una cosa!" - le dissi
Attese che continuassi con la promessa che mi avrebbe dovuto fare.
"Ti metti il pigiama, mi lasci andare a mettere il pigiama senza piangere e senza fare brutti pensieri" - aggiunsi.
Sebbene il suo sguardo si era incupito un po', mi rispose: "Promesso."

Mi andai a cambiare, avvisai mamma dei miei programmi per la notte e infine tornai nella sua stanza trovandola già pronta sotto le coperte con il pigiama addosso: quella notte avrei dormito con lei per evitare che crisi improvvise la potessero gettare nel panico.

Abbassai le tapparelle e la raggiunsi sotto le coperte. Lasciai la luce del comodino accesa.
Ci ritrovammo con la testa sopra il cuscino uno di fronte all'altro.
"Quanto tempo è passato dall'ultima volta che abbiamo dormito insieme?" - mi chiese guardandomi dolcemente.
"Non so principessina..." - risposi tentando di ricordare
"Troppo." - concluse lei.

Passarono alcuni minuti di silenzio.

"Mi aveva messo le corna." - disse guardandomi.
"Laura, non so se ti fa bene pensare a queste cose..." - le risposi cercando di cambiare discorso.
"Lo avevo perdonato. E dopo qualche mese c'era ricascato." - continuò.
"Laura, ti prego. Finirai di nuovo per piangere." - la incalzai carezzandole il viso.

Rimase nuovamente in silenzio a pensare.

"Devo voltar pagina." - disse
"...e chiudere gli occhi e provare a dormire" - aggiunsi io - "Hai il viso sconvolto, vedrai che la notte ti porterà consiglio"

Attesi un po', prima di chiederle se volessi spegnere la luce.

"No, lasciala accesa se non ti da fastidio" - mi rispose.

Altra pausa di silenzio.

"Qualsiasi decisione  prenda, sarai sempre dalla mia parte. Vero?" - mi chiese
"Sì, Laura, soprattutto se prendi la decisione di chiudere gli occhi e riposare" - risposi un po' spazientito.
"Spegni la luce." - mi disse

Spensi la luce. La sentìi girarsi dal lato opposto e armeggiare un po' sotto le coperte.
Si mise in posizione fetale spingendo il sedere sul mio pacco.
"Abbracciami" - mi sussurrò.
Mi avvicinai a lei, infilai un braccio sotto al cuscino e passai l'altro sopra al suo.
"Qualsiasi decisione  prenda, sarai sempre dalla mia parte. Vero?" - tornò a chiedermi prendendo la mano con cui la stavo tenendo a me e guidandola sul suo seno.

Fu allora che mi accorsi che quel suo armeggiare era stato per spogliarsi. Laura era nuda tra le mie braccia.
"Laura ma..." - balbettai
"Qualsiasi?" - tornò a chiedermi mentre faceva scorrere la mia mano sulla sua pancia, sul suo pube e poi tra le gambe.
Fece in modo che le mie dita toccassero il suo sesso: era già completamente bagnata. Cominciò a muovere il bacino in modo che il suo sesso potesse strofinarsi sulle mie dita.
"Non vuoi? Mi trovi brutta?" - mi chiese.
"Laura, non è questo il punto..." - le risposi.
La stessa mano che aveva guidato la mia in mezzo alle sue gambe si era messa alla ricerca del mio membro e l'aveva trovato in piena erezione.
"Qual è il punto?" - mi chiese infilando la mano nei pantaloni e facendosi strada nelle mutande
"Laura...siamo fratello e sorella..." - provai a spiegarle mentre aveva afferrato il mio membro con la mano e l'aveva iniziato a massaggiarlo
"Già...bello sentire la predica da chi si sega leggendo racconti di incesto..." - mi rispose - "...dimenticando di cancellare la cronologia di navigazione"

Mi aveva messo con le spalle al muro...e il glande all'ingresso del suo sesso grondante di umori.
Spinse il sedere contro di me lasciandosi penetrare lentamente.

"Non sono più vergine...lo sai?" - mi chiese, mentre cominciava a muovere il bacino in avanti e indietro
"E' importante?" - le risposi sospirando
"Non più...avrei voluto darla a una persona importante...non a quello stronzo..." - sospirò

Malgrado anche io avessi iniziato ad assecondare i movimenti del suo bacino con il mio, cercando una penetrazione più profonda, Laura sembrava non provare abbastanza piacere. Decise di cambiare posizione. Mi fece spostare in mezzo al letto e si sdraiò su di me, guidando nuovamente il mio membro dentro di lei.
"Più di una volta hai rischiato di essere il primo...sai?" - mi sussurrò cominciando nuovamente a sospirare e a muovesi su di me
"Cosa vuoi dire?" - provai a replicare mentre il suo sesso accogliente cominciava a regalarmi sensazioni sempre più intense
"Ricordi quando mamma la mattina veniva ad alzare le tapparelle in camera tua urlandoti di alzarti e di andare a fare colazione...e tu rimanevi imperterrito nel letto a far finta di sonnecchiare? Io avevo preso l'abitudine di alzarmi subito quando mamma veniva a svegliarmi..."
"Brava la mia sorellina..." - sospirai eccitato mentre la mia mente sempre più sconvolta dal piacere cominciava ad annebbiarsi.
"Non lo facevo per far piacere a loro...ma per passare davanti la tua cameretta...e guardarti...avevo scoperto che sotto le coperte non sonnecchiavi ma..." - un gemito soffocato interruppe il racconto di mia sorella. Anche lei viaggiava senza alcun freno verso l'apice del piacere.
"...stavi sotto le coperte con l'erezione mattutina a spararti la prima sega del giorno..."
I movimenti del suo corpo mi stavano trascinando lentamente all'orgasmo.
"Mentre vedevo segarti...mi toccavo...e desideravo infilarmi sotto le coperte...e finire esattamente come siamo adesso...sono stata più volte ad un soffio dal farlo..."
La voce di Laura era rotta dal piacere. Cercò di terminare l'ultima frase di senso compiuto prima di abbandonarsi all'orgasmo.
"Non sai quante volte mi sono toccata immaginando che fossi tu la prima persona a togliermi la verginità...ahhhhhh" - affondò il volto sul cuscino, accanto al mio viso, per cercare di soffocare il gemito che annunciava il suo orgasmo.
Sentìi il suo corpo vibrare. Vederla godere in quel modo, su di me, aver ascoltato quelle sue parole, sentire il suo sesso attorno al mio membro...troppe sensazioni insieme che mi fecero perdere il controllo di me stesso e venire. Gemetti con forza, le afferrai il sedere in modo da tenerlo fermo mentre con il bacino le piantavo dentro il mio membro spingendolo più in fondo possible. Uno, due, tre fiotti...persi il conto di quante volte sentìi contrarre il mio membro. Pronunciai il suo nome un paio di volte mentre il mio corpo veniva sconvolto dal piacere. Lei nel frattempo aveva preso il mio viso tra le mani e aveva cominciato a sussurrarmi frasi dolcissime: "Vieni, amore mio...ti amo...sei la mia vita..."

Quella notte dopo aver fatto l'amore un'altra volta, ci siamo addormentati soddisfatti l'uno tra le braccia dell'altro. Con le prime luci dell'alba Laura cominciò a carezzarmi l'addome aspettando la mia erezione mattutina. Stanca di aspettare si infilò sotto le coperte e cominciò ad usare la bocca sul mio sesso.
Mi svegliai eccitatissimo già prossimo all'orgasmo.
"Laura, che f..." - riuscìi a dire, lasciandomi travolgere dall'orgasmo e iniziandole a schizzare in bocca il a mio sperma.
Bevve fino all'ultima goccia, poi tornò a poggiare la testa sul cuscino.
"Buongiorno signor principe!" - disse ridacchiando - "...molto meglio della sega mattutina, no?"
"Laura, tu sei matta." - le dissi cercando di riprendere fiato
Mi rispose cercando la mia bocca con la sua e dandomi un bacio appassionato. Sentire il sapore del mio sperma e del mio membro in bocca, immaginarmi Laura intenta a bere e ingoiare i miei succhi mi provocò una nuova potente erezione. Se ne accorse anche lei allungando le mani sul mio pube: "vedo che non ne abbiamo abbastanza..." - ridacchiò.
"Laura, non so se riuscirò a venire ancora, mi stai distruggendo..." - le sussurrai mentre lei si era già posizionata su di me impalandosi sul mio membro e cominciando a muoversi in modo frenetico.
Per un attimo ebbi paura di avere a che fare con una ninfomane, ma poi pensai ai mesi di astinenza a cui era stata forzatamente sottoposta, al profondo dolore della rottura con il ragazzo, alla voglia di reagire dopo aver preso le bastonate, tipiche del suo carattere. Decisi di accelerare la sua corsa all'orgasmo, concentradomi sui suoi capezzoli. Ne iniziai a torturare uno con la mano mentre mi dedicai all'altro con la bocca dopo essermi tiratomi su con la schiena.
"Uhhhh...amore mio..." - mi sussurrò Laura piacevolmente colpita da quella mia iniziativa.
Mi cinse la testa con le mani, facendo in modo che la mia bocca non potesse più staccarsi dal suo seno. Pochi istanti dopo la sentìi godere tra gemiti soffocati.

Ci ritrovammo ancora una volta distesi sul letto ad ansimare e riprendere fiato.
"Volterò pagina, promesso..." - iniziò a dire Laura - "...ma tu devi promettermi che continueremo a fare l'amore anche quando troveremo le nostre strade e i nostri compagni"

Sono passati molti anni dal giorno in cui ci siamo fatti quella promessa. Io e Laura abbiamo preso ognuno la nostra strada, sia io che lei abbiamo messo su famiglia continuando però a mantenere viva la nostra promessa: cercando di vederci almeno una volta al mese per farci le coccole, tenerci abbracciati e fare l'amore. Qualche mese fa Laura ha perso il marito. Abbiamo deciso di comune accordo con lei e mia moglie di trasferirci in una casa più grande e di vivere tutti insieme.
La sera, tornando a casa dopo il lavoro, prima di entrare mi soffermo a guardare dalla finestra mia sorella e mia moglie in cucina intente a preparare la cena.

Sorrido al pensiero di avere praticamente due mogli ad aspettarmi a casa.

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