Un uomo seduto ad un bar, una ragazza che ride con le sue amiche. Apparentemente nulla sembra legare queste due persone e invece...
In occasione della festa della donna la mia fantasia su come preferirei che si concludessero le "vendette" maschiliste sulle donne, piuttosto che continuare a leggere di brutali femminicidi.
N.B. I protagonisti si intendono maggiorenni e consenzienti
"Ho aspettato finché non ho visto il sole
non so perché non sono venuta
ti ho lasciato vicino la casa del divertimento
non so perché non sono venuta"
La canzone "I don't know wy" di Norah Jones suonava nel pub mentre al bancone consumavo la mia birra in silenzio fissandoti.
Tu, seduta al tavolo con le amiche, ridevi e scherzavi, ignara della mia presenza.
Poi il tuo sguardo, per un attimo, aveva incrociato il mio ed improvvisamente il sorriso era sparito dal tuo volto.
Sapevi che ti avevo aspettata per tutto il pomeriggio sul letto, aspettando che venissi a far l'amore con me.
Ma, a quanto pare, avevi preferito le tue amiche a me. L'avevi fatto deliberatamente.
Desideravi mostrarmi quanto sei indipendente da me, di quanto sei ribelle.
Peccato che i tuoi occhi in quel momento dicessero altro: dopo avermi visto non avevi più smesso di fissarmi.
Paura di perdermi, paura di una mia reazione inconsulta, paura di una mia vendetta...i tuoi occhi cercavano con insistenza i miei,
cercando il perdono, cercando la riconciliazione, cercando la pace prima della guerra.
Dopo aver terminato di bere ti avevo guardata per un istante, fulminandoti con il mio volto serio.
Avevi stretto improvvisamente le gambe: il pensiero di quello che sarebbe potuto accadere, di quello che avrei potuto farti per vendicarmi
ti aveva procurato un perverso fremito di eccitazione.
Sapevi bene come sarebbe finita. Sapevi che ti avrei punita. Probabilmente sapevi anche come ti avrei punita.
Mi sono alzato. Dopo aver pagato il conto mi sono diretto verso l'uscita passandoti accanto senza rivolgerti lo sguardo.
Pochi istanti dopo dietro di me il rumore dei tuoi passi veloci che mi seguivano: ti eri congedata velocemente dalle tue amiche e mi eri corsa dietro.
Mentre mi dirigevo a casa mi avevi raggiunto e ti eri messa a camminare accanto a me in silenzio.
Sapevi che qualsiasi cosa avessi detto, avresti solo peggiorato la situazione.
Sapevi che qualsiasi giustificazione mi avessi dato, avrebbe solo reso più dura la punizione che ti aspettava.
Arrivati davanti la porta di casa mia, ti eri fermata dietro di me aspettando che aprissi.
Con tono risentito ti avevo intimato di tornare dalle tue amiche. Ma tu eri rimasta lì, dietro di me, immobile e in silenzio, aspettando che la porta di casa si aprisse.
Entrato in casa avevo tentato di chiuderla immediatamente dietro di me, provando a lasciarti fuori.
Ma tu, con un rapido movimento felino eri riuscita scivolare dentro.
Ti eri fermata di fronte a me, facendo aderire il tuo corpo alla parete.
Ancora una volta cercavi il mio sguardo. Guardavi con timore la mia espressione severa aspettando che reagissi. Una gazzella ferita in attesa che il leone di fronte a lei la dilaniasse; questa l'immagine che mi aveva suggerito il tuo corpo tremante.
La chiusura della porta avrebbe dato inizio alla mia vendetta. Lo sapevi. Lo volevi.
Avevo iniziato con il farti cadere a terra la borsetta dando un colpo violento alla tua mano.
Il tuo respiro accelerava mentre ti strappavo con violenza la giacca di dosso, facendo saltar via uno ad uno i bottoni che la tenevano chiusa.
Un coltello poggiato sul tavolino dell'ingresso mi aveva aiutato a lacerare la stoffa della gonna e della camicetta leggera che indossavi sotto il tailleur.
Eri rimasta in reggiseno e mutandine, il completo rosso che ti avevo regalato la settimana prima per festeggiare il nostro anniversario.
Feci scivolare la lama del coltello sulla tua pelle andando a tagliare la stoffa degli ultimi indumenti che ti erano rimasti addosso.
Nuda e tremante di fronte a me, eri pronta per il passo successivo della punizione che ti avevo riservato. Ti sollevai di peso per condurti in camera da letto, scenario dei nostri giochi più perversi.
Sapevi che ti avrei legata al letto, sapevi che mi sarei posizionato tra le tue gambe e che avrei cominciato a carezzarti il ventre, il pube, le gambe e il sesso. Sapevi che avrei bevuto direttamente dal tuo sesso il frutto della tua eccitazione.
Dopo averti fatto venire usando le mie labbra e aver assaporato il miele prodotto dal tuo primo orgasmo, sapevi bene che sarei andato a prendere il vibratore nel cassetto e che lo avrei poggiato sul tuo sesso, a contatto con il tuo clitoride eccitato.
Sapevi che da quel momento in poi non mi sarei più fermato se non quando ti avrei vista esausta e priva di forze. Dopo i primi tre orgasmi avevi iniziato a pregarmi di fermarmi, di togliere il vibratore dalla parte più sensibile del tuo corpo e di scoparti.
Sapevi bene che non l'avrei fatto.
Sebbene i tuoi gemiti di piacere fossero musica per le orecchie, avevo deciso di imbavagliarti ed impedirti di urlare, di pregarmi di smettere, di implorarmi di scoparti con violenza. Gli orgasmi che seguirono furono sempre più intensi e devastanti.
Godevo nel vederti incapace di resistere al piacere. Godevo nel vederti sopraffatta dai lussuriosi orgasmi.
Godevo nel vedere il tuo corpo vibrare, muoversi freneticamente, venir scosso da spasmi sempre più forti.
Mi ero seduto su una sedia accanto al letto, preparandomi per il gran finale che arrivò puntuale.
Dopo esserti agitata in modo sempre più frenetico hai teso allo spasmo tutti i muscoli del tuo corpo e,
inarcata la schiena avevi spinto all'indietro la testa.
Dai tuoi occhi spalancati erano sparite le pupille, un lungo gemito soffocato dal bavaglio usciva dalla tua bocca, mentre piccoli schizzi del tuo dolce miele si liberavano nell'aria partendo dalle tue gambe e posandosi sulle lenzuola.
Avevo lasciato che perdessi i sensi, che il tuo corpo esanime crollasse sul letto prima di alzarmi e venirti a liberare.
Mentre il tuo respiro tornava lento e regolare, spegnevo e toglievo il vibratore dalle tue gambe.
Preso da un'ultimo perverso fremito bagnavo le mie dita sul tuo sesso ancora grondante e me le portavo alla bocca per sentire ancora una volta sulla mia lingua il sapore degli umori che il tuo sesso voglioso aveva prodotto per me.
Avevi avuto quel che meritavi; il vederti in balia dei tuoi orgasmi, incapace di riuscire a controllare il tuo corpo, aveva soddisfatto la mia voglia di vendetta.
Mi ero sdraiato accanto a te, aspettando che riprendessi conoscenza.
Dopo aver aperto gli occhi e aver incontrato i miei, il sorriso tornava a splendere sul tuo volto.
Mi avevi sussurrato 'Grazie' con un fil di voce.
Grazie per averti perdonata, per averti sconvolta dal piacere, per averti trascinata ancora una volta in un gioco perverso e tossico.
"Il mio cuore è impregnato di vino
ma sarai nella mia mente per sempre"
(Cit. Norah Jones, I don't know why)