Il compito di italiano (completo)

Possono le parole essere in grado di fare perdere la testa ad una donna? La risposta la troverete nel racconto che segue in cui Maira, giovane insegnante di italiano si invaghisce dello studente migliore della sua classe


N.B. I protagonisti del racconto si intendono maggiorenni e consenzienti

Era un tardo pomeriggio di dicembre. La luce di una lampada da tavolo spandeva luce soffusa nella sala professori di un liceo di periferia.
A terra, nella stanza, numerosi fogli di carta protocollo, un portapenne di legno rotto per la caduta dal tavolo su cui era posato pochi istanti prima e numerose penne di diversi colori sparse per il pavimento.
Uno scricchiolio ritmato accompagnava il movimento del tavolo che continuava a dondolare e a muoversi sui piedi divenuti ormai traballanti.

Il suono di due respiri affannosi accompagnava lo scricchiolio.
Sul tavolo a gambe spalancate c'era Maira, giovane insegnante di Italiano.
Aveva la minigonna arrotolata sulla pancia, la camicetta semisbottonata, i capelli biondi sciolti sulle spalle, spettinati, la stoffa delle mutandine di lato per facilitare la penetrazione.
Teneva gli occhi chiusi Maira, mentre il suo giovane alunno Paolo tra le sue gambe era intento a scoparla con ardore.
Aveva ceduto alla tentazione e al fascino di quello che tutti consideravano un bravo ragazzo, le erano bastati pochi istanti per perdere il controllo e farsi sopraffare da quel giovane corpo desideroso di possederla con foga.
Adesso Maira non poteva far altro che godere dei potenti colpi di Paolo che, oltre a scuotere il tavolino traballante, agitavano e scombussolavano il suo corpo.
Lo teneva stretto a se, tra le sue gambe, tra le sue braccia, baciandolo con perversa passione, agitando la lingua nella sua bocca e cercando di soffocare con quel bacio appassionato gli incontenibili gemiti che il giovane le causava ad ogni affondo del suo sesso in lei.

Tutto era iniziato la mattina del giorno precedente.
Era il giorno di riposo di Maira e lei, dopo essersi alzata ed aver preparato la colazione per la sua famiglia, stava sorseggiando un caffè tenendo in mano il foglio di carta protocollo che Paolo le aveva consegnato qualche giorno prima. Lo aveva lasciato come ultimo elaborato da correggere di proposito.
Paolo era il suo alunno favorito, un piccolo scrittore in erba che, malgrado la giovane età, riusciva a coinvolgerla con quello che scriveva.
Il tema che aveva dato quel giorno riguardava le crociate, aveva chiesto ai ragazzi di esprimere la loro opinione sui vari aspetti delle guerre
che avevano sconvolto Gerusalemme per anni. Moriva dalla curiosità di leggere cosa avesse scritto Paolo a proposito: era un tipo molto intelligente e perspicace,
l'aspettativa di Maira era molto alta. Decise di aspettare che marito e figli uscissero prima di darsi alla lettura.

Appena rimase sola si buttò sul divano col sorriso che una ragazzina ha dopo aver comprato l'ultimo numero della propria rivista preferita.
Rimase delusa nel vedere che il tema di Paolo iniziava con "Cara Maira". Non si perse d'animo e continuò a leggere, sebbene sapesse che avrebbe dovuto dare un cattivo voto a Paolo per essere uscito fuori tema.
Man mano che le parole scorrevano sotto i suoi occhi, Maira si rendeva conto che Paolo le aveva scritto una confessione.
Aveva iniziato con i sentimenti che provava per lei passando poi alle sensazioni che provocava in lui durante le lezioni.
Passava poi a descrivere momenti precisi della giornata in cui l'eccitazione di Paolo si tramutava in desiderio carnale come quando con innocenza si sedeva sul suo banco per cercare di coinvolgere i ragazzi scendendo dalla cattedra, o quando Paolo guardando attraverso le aperture della cattedra rimaneva imbambolato a fissarle le gambe e la minigonna.
Più andava avanti nella lettura più le parole di Paolo diventavano sempre più spinte e meno innocenti: il suo non era semplice amore, una cotta, ma una folle e perversa attrazione.
Le descriveva infine senza mezzi termini come Paolo avrebbe voluto possederla, come avrebbe voluto affondare la bocca tra le sue gambe, di come avrebbe voluto leccarla, di come avrebbe voluto assaporare il miele prodotto dal suo sesso e di come infine avrebbe
voluto farla sua.

Senza rendersene conto la mano di Maira scese lentamente tra le gambe cercando di placare quel prurito molto familiare che le veniva quando leggeva racconti erotici.
In men che non si dica Maira si ritrovò a fantasticare quanto Paolo le scriveva, masturbandosi in modo sempre più frenetico.
Non riuscì a terminare di leggere: un potente orgasmo le annebbiò la vista e la mente, lasciandola senza fiato.
Era innegabile: quel maledetto ragazzino ad appena diciotto anni era già consapevole di quanto potenti potessero essere le parole e le aveva usate in modo sapiente, calibrato, trascinandola lentamente dove mai aveva pensato di arrivare.
Ma ormai era troppo tardi, l'istinto aveva preso sopravvento sulla ragione e Maira si era ritrovata a desiderare di essere posseduta da quel ragazzino.
Lanciò in aria i fogli urlando "Porco maledetto!", maledicendo il giorno in cui l'aveva conosciuto e tutti gli attimi che aveva dedicato a ad insegnargli la forza che certe parole messe nella giusta sequenza possono avere.

Cercò di distrarre la mente andando a farsi una doccia. Ma il tepore dell'acqua sul suo corpo e le parole del tema di Paolo la trascinarono nuovamente in quel vortice di perverso piacere da cui avrebbe voluto sottrarsi. Ancora una volta si ritrovò con una mano tra le gambe e la mente al suo Paolo, alla sua dannata bocca que la leccava tra le gambe facendola gemere come una maiala. "Figlio di puttana!" urlò mentre l'orgasmo scosse il suo corpo da cima a fondo, facendole perdere l'equilibrio. Si ritrovò inginocchiata ad ansimare sotto al tiepido getto d'acqua.
"Ti odio!" urlò, lasciando che le sue lacrime si mescolassero all'acqua della doccia. Non sarebbe riuscita a trovare il coraggio di tornare ad insegnare,
a guardare in faccia i suoi alunni e soprattutto Paolo, per non parlare della sua famiglia, di suo marito e dei suoi figli. Si sentiva terribilmente sporca dentro, disperata, smarrita.

Cercò di farsi forza. Uscì dalla doccia e dopo essersi messa l'accappatoio si asciugò velocemente e si diresse in camera da letto.
Si buttò sul letto ancora disfatto cercando di trovare ristoro tra i cuscini. Chiuse gli occhi e provò a sgomberare la mente.
La sagoma di Paolo comparve ancora una volta. Cominciò a sussurrargli di non muoversi, di fermarsi. Se qualcuno l'avesse vista in quel momento l'avrebbe sicuramente presa per pazza.
Ancora una volta la sua mano scese a frugarle tra le gambe. E così, mentre nella mente Paolo la scopava senza darle tregua, la sua mano
aveva iniziato a torturare il clitoride fino a portarla nuovamente sull'orlo di un orgasmo.
"Smettila, ti prego!" - disse con un filo di voce - "Esci dalla mia mente!"
Ma l'unica cosa che uscì da Maira qualche istante dopo fu solo un forte gemito di piacere, segno tangibile dell'ennesimo devastante orgasmo.

Alcune lacrime, uscite dai suoi occhioni azzurri, le rigarono lentamente il viso. C'era poco da fare: avrebbe dovuto rassegnarsi a convivere con quella sorta di mostro che l'aveva assalita già tre volte. Forse un giorno sarebbe riuscita a tenergli testa, a non lasciarsi sopraffare, ma per il momento l'unica strada che Maira vedeva percorribile era andarsi a nascondere quando quei luridi pensieri l'avessero sorpresa. Cercò di farsene una ragione mentre iniziava a svolgere le faccende domestiche che aveva tralasciato per leggere quanto le aveva scritto Paolo.
Rimise a posto la cucina, si asciugò i capelli, rassettò casa ed infine aprì il registro elettronico per fissare un appuntamento urgente con i genitori di Paolo.

Restò a pensare per qualche minuto davanti allo schermo del suo pc: coinvolgere i genitori di Paolo sarebbe stato eccessivo. Forse era meglio parlare prima con lui, cercare di capire meglio cosa realmente provasse per lei. Magari Paolo aveva voluto mettere alla prova le sue capacità tendendole quell'agguato, magari quel che aveva scritto non corrispondeva a verità.
Spense il pc e prese il telefonino per inviare un messaggio al collega di matematica che quel giorno aveva due ore di lezione nella classe di Paolo.
Scrisse lui di dire a Paolo di recarsi in sala professori alle 18 per un colloquio urgente.
Dopo qualche minuto ricevette conferma dal suo collega che Paolo era stato avvertito.

A quel punto Maira iniziò a preparare il pranzo, a raccogliere da terra i fogli di Paolo, mettendoli insieme ai temi dei suoi compagni.
Provò di concentrarsi sul discorso da fare a Paolo, cercando di non pensare a cosa le aveva scritto.
Non riuscì a cavare nulla di buono.

Decise di prepararsi per uscire. Passò in rassegna i vestiti del guardaroba lasciando che istinto e razionalità lottassero: meglio evitare di indossare la minigonna e rinunciare alla propria femminilità o meglio tentare di far finta che l'elaborato di Paolo non l'avesse toccata?
Guardandosi allo specchio arrossì un po' al pensiero di quello che le aveva scritto Paolo a proposito delle sue minigonne.
"Sono una stupida" - disse a se stessa rendendosi conto che era già un quarto d'ora che si guardava allo specchio.
Decise di indossare una delle sue minigonne preferite, un paio di sexy autoreggenti, una camicetta leggera.

Dopo aver preso i compiti dei ragazzi e averli messi nella sua cartellina da lavoro decise di uscire di casa e fare un giro per i negozi del centro prima di andare a scuola. Tra le tante vetrine che aveva visto quella di un negozio di intimo attrasse la sua attenzione. Si fermò a guardare uno dei completini sexy esposti chiedendosi che effetto avrebbe potuto fare su Paolo. Improvvisamente era tornata a pensare a quel dannatissimo suo studente e alle parole che aveva letto quel mattino.
Dovette cercare di corsa il bagno in un bar. Appena chiusa a chiave la porta la sua mente cominciò nuovamente a immaginare le perverse scene di sesso del tema di Paolo, mentre la sua mano correva tra le sue gambe a dare ristoro al suo sesso che reclamava nuovamente attenzioni.
Raggiunse l'orgasmo in breve tempo, pronunciando in maniera compulsiva il nome del suo alunno.

Si prese il tempo necessario per tornare in se e ricomporsi prima di uscire dal bagno. Erano già le 17.30, mancava mezz'ora all'appuntamento con Paolo in sala professori.

Arrivò a scuola con qualche minuto di ritardo.
Non era preoccupata, in fondo quello era il suo giorno libero.

Passata davanti la guardiola venne fermata dal bidello: "Prof, dove va?"
"Buonasera, avevo un colloquio con un mio studente alle 18 in sala professori, qual è il problema?"
"Va bene. Le volevo dire che sono andati via tutti, preside compreso. Ho l'ordine di staccare le luci principali tra venti minuti.
In sala professori troverà una lampada sul tavolo, la accenda per non rischiare di rimanere al buio. Se le serve qualcosa mi chiami."
"La ringrazio" - conlcuse Maura, salutando il bidello ed iniziando a salire le scale.

Prese un profondo respiro prima di entrare nella sala. Paolo era di spalle, seduto accanto tavolo centrale, stava giocando con il suo cellulare.

Posò la sua cartellina sul tavolo e accese la luce, come le aveva suggerito il bidello: "Perdona il ritardo, Paolo...è tanto che aspetti?"
Paolo fece spallucce senza rispondere. Era rosso in volto, sapeva esattamente quale era il motivo per cui era lì e non aveva il coraggio di parlare.
Maira si sedette sul tavolo accanto a lui, con i medesimi movimenti che faceva quando in classe si sedeva sul suo banco.
Adesso però era consapevole di stare provocando il suo studente.
La sua minigonna salì quel poco che bastò per mettere in mostra i ricami delle autoreggenti. Paolo strabuzzò gli occhi.

Maira fece finta di non farci caso. Tirò fuori dalla cartellina i compiti dei ragazzi ed iniziò a sfogliarli cercando nel mucchio
il tema di Paolo. Quando lo trovò lo separò dal resto che decise di posare affianco a lei..

Principiò a parlare con voce calma: "Paolo, nella mia materia sei il migliore della classe, hai un'ottima media ed eccellenti capacità di scrittore.
Sai usare bene le parole, sei una persona sveglia, ti interessi alle lezioni, accetti tutti i consigli che ti dò. Insomma, su come si scrive
un tema ho davvero poco da insegnarti. Ti dirò di più: se non fossi mio alunno potrei dirti tranquillamente che saresti il mio scrittore preferito."
Si interruppe un attimo per prendere un respiro.
"Ma questa è una scuola, io sono pur sempre un tuo docente e tu un alunno. Ci sono delle regole che vanno rispettate.
E, come tu ben sai, non puoi prenderti gioco delle regole e permetterti di fare quello che vuoi."

Paolo non la stava guardando. Aveva lo sguardo basso e un'espressione triste.

"Paolo? Mi stai ascoltando?" - Per la prima volta Paolo piuttosto che pendere dalle sue labbra sembrava avesse la testa altrove.

Maira perse improvvisamente la pazienza. Allungò la mano sul suo mento e gli tirò la sua testa verso l'alto costringendolo a guardarla.
Con l'altra mano prese il suo compito agitandolo in aria.

"Paolo! Spiegami che cosa è questo! Che cosa volevi dimostrare? Vuoi sfidarmi? Vuoi costringermi a metterti zero e rovinarti la media?"

Paolo continuava a evitare il suo sguardo. Maira perse la pazienza.

"Paolo, cazzo! Ti sto parlando! Guardami, porca puttana!" - la voce di Maira era sempre più alterata

Le parole volgari riuscirono a scuotere il ragazzo che finalmente ebbe il coraggio di fissare Maira negli occhi.

"Spiegami perchè sei andato fuori tema! Perchè cazzo hai scritto queste cose?" - gli aveva chiesto Maira con voce carica di rabbia
"Non ti piacciono?" - le chiese con voce tremante

Quella domanda la lasciò smarrita. Improvvisamente lo sguardo di Paolo rapiva la sua mente, trascinandola nelle scene perverse che il ragazzo
aveva descritto con maestria. Maira cercò disperatamente di controllare l'istinto.

"Non è questo il punto. Il punto è che ti avevo dato una traccia da rispettare!"
"Ti è piaciuto quello che ho scritto o no?" - Paolo continuava ad insistere.
"Paolo, ma mi stai ascoltando!?" - Maira cercò ancora una volta di mantenere sotto controllo la situazione

A questo punto Paolo, come impazzito si alzò di scatto facendo cadere a terra la sedia dov'era seduto.
Per pura coincidenza, nell'esatto istante in cui la sedia toccò terra con un tonfo che rimbombò nella stanza e nei corridoi vuoti della scuola
le luci della sala si spensero: il bidello, come aveva annunciato, aveva spento dalla guardiola le luci principali della scuola.
Adesso nella sala c'era la sola luce della lampada da tavolo accanto a Maira che illuminava i due lasciando il resto della stanza in penombra.

"Non hai risposto alla mia domanda." - disse Paolo con voce ferma.
"Paolo, sono la tua insegnante. Portami rispetto." - cercò di ribattere Maira incapace di decifrare l'espressione che il volto di Paolo aveva.

Le mani del ragazzo si posarono sulle ginocchia di Maira, le allargarono quanto bastava per permettere a Paolo di posizionarcisi in mezzo.
Una terribile scossa di piacere era partita dalle ginocchia di Maira e, attraversatale la schiena, le era arrivata fino al cervello.
Maira improvvisamente era sul punto di cedere alla tentazione di farsi fare qualsiasi cosa da quel ragazzo.

"Paolo...ti prego!" - disse con un fil di voce mentre Paolo le afferrava la testa con le mani e lentamente la avvicinava alla sua.

Maira chiuse gli occhi, preparandosi al bacio che da lì a poco avrebbe significato la sua resa incondizionata.
Bloccò la bocca di Paolo a pochi millimetri dalla sua: "Dimmi almeno se...sei stato sincero" - sussurrò

Paolo le rispose poggiando la sua bocca su quella di lei. Maira schiuse immediatamente la bocca lasciando che la lingua del ragazzo la penetrasse
ed andasse a cercare la sua. Fu un bacio intenso, carico di elettrica passione. Le mani di Maira cercando un appoggio sul tavolo per sostenere il suo busto
incontrarono i fogli dei compiti e un portapenne di legno che nel movimento inconsulto caddero a terra.
Le mani di Paolo si staccarono dalla volto di Maira per correre giù ai pantaloni e liberare la tremenda erezione che il ragazzo aveva tra le gambe.
Il ragazzo poi tirò a sè la donna, spingendole il sedere verso il bordo del tavolo, allargandole le gambe, spostando di lato la stoffa delle mutandine
e puntanto il suo membro all'ingresso del sesso di Maira già completamente grondante di umori.

La penetrò con una spinta lenta ma decisa.

Il piacere che ne trasse Maira fu tale che dovette interrompere il bacio per poter gemere di piacere.
"Dimmi se sei stato sincero, Paolo!" - disse con la voce rotta dal piacere - "Dimmi che non l'hai fatto solo per scoparmi!"
"Ti desidero da sempre, prof." - rispose Paolo affondando nuovamente il suo sesso dentro di lei - "...ti amo!"

Quelle parole portarono la resa incompleta di Maira che, portate le gambe dietro alla schiena del ragazzo e lo abbracciò cercando la sua bocca per un nuovo appassionato bacio.
Dalla mente di Maira era improvvisamente sparita la famiglia, i figli, la professionalità, la dignità.
Tutto aveva ceduto posto all'imagine di Paolo che la possedeva. La fantasia era diventata realtà e Paolo era lì,
tra le sue gambe, che la scopava con ritmo crescente. Le mani del ragazzo erano nel frattemo corse a sbottonare la sua camicetta e a cercare i suoi seni.
Sentire i capezzoli duri eccitò ulteriormente Paolo che cominciò a darle colpi sempre più vigorosi e profondi: Maira era finalmente sua, in balia delle sue mani, del suo corpo, del suo sesso.
Il tavolo sotto di loro cominciò a traballare scricchiolando al ritmo del loro focoso amplesso.
La lampada da tavolo volò giù sul pavimento spaccandosi in mille pezzi, lasciando i due completamente al buio.

Presa dalla foga e dalla passione Maira staccò la bocca dal ragazzo per incitarlo a scoparla con più passione.
Iniziò ad insultarlo: "Figlio di puttana maledetto...le tue dannate parole mi hanno infiammato la fica...stamattina mi sono dovuta masturbare come una matta...
...dammi il tuo cazzo...spaccami...maledettissimo porco..."
Man mano che si avvicinava all'orgasmo le parole di Maira cominciarono diventare sempre più sconclusionate e prive di senso.
Qualche istante prima dell'orgasmo le parole di Maira vennero sostituite da gemiti soffocati.

Avvenne tutto in pochi istanti: mentre i muscoli interni della vagina di Maira cominciavano a contrarsi ritmicamente, Paolo venne
travolto da una devastante ondata di piacere. Liberò dentro di lei potenti schizzi del suo seme, gemendo con forza.
Maira, sentendosi invasa da quel piacevole tepore, si sentì libera di godere senza alcun freno. Ebbe la sensazione di volare, di venir lanciata verso l'alto a gran velocità.
La sua mente, sgombra di qualsiasi altro pensiero, immaginava di fluttuare in un meraviglioso cielo stellato.
Qualche istante dopo si sentì precipitare rovinosamente verso il basso. Si ritrovò con la schiena adesa al tavolo e gli stessi dolori che
avrebbe provato dopo uno schianto. Ansimava pesantemente con gli occhi chiusi, incapace di muovere un solo muscolo.
Dal suo sesso colavano lentamente gocce di sperma che mescolate ai rivoli dei suoi umori gocciolavano giù dal tavolo per finire su alcuni fogli di carta sparsi sul pavimento.

Anche Paolo dopo essere venuto si era sentito mancare le gambe. Era scivolato lentamente giù fin quando il suo sedere aveva trovato il pavimento.
Aveva infine adagiato la sua schiena a terra. Con gli occhi chiusi e il volto soddisfatto stava riprendendo fiato ansimando con forza.

Attorno a loro la devastazione: una sedia rovesciata, numerosi fogli sparsi a terra sporchi di sperma, frammenti di vetro in tutti gli angoli della stanza.

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