Vi siete mai chiesti come sarebbe potuta andare a finire un romanzo se non fossero accadute determinate cose? E' quello che è accaduto a me leggendo 'Il pittore di anime' di Ildefonso Falcones e immaginando ad un certo punto che il giovane artista Dalmau non iniziasse a entrare nella tremenda spirale della droga e arrivasse a possedere l'innocente Ursula. Non sarà necessario andarvi a leggere il libro, ho pensato a spiegarvi tutto nell'introduzione del racconto ;-)
N.B. i protagonisti si intendono maggiorenni e consenzientiEccoti qui, in ginocchio, di fronte a me.Una giovane aristocratica viziata appartenente a una di quelle che qui a Barcellona vengono considerate "famiglie per bene".
Cristiani bigotti che usano la religione quando gli pare e piace, quando gli fa comodo. Parlano di carità e altruismo fino a quando non toccano loro il portafogli,
parlano di amore verso il prossimo per poi girarsi schifati dall'altro lato quando un mendicante chiede loro qualche centesimo.
Tu, fino a prova contraria, sei una di loro, meschina e ipocrita. Tradita dal tuo spirito ribelle adesso sei qui, davanti a me,
con il tuo viso angelico a pochi centimetri dal mio fallo in piena erezione, inginocchiata in adorazione del sesso di un operaio anarchico.
Ero finito a casa tua perchè divenuto il pupillo di tuo padre, padrone di una fabbrica di ceramiche che, dopo avermi insegnato
i trucchi del mestiere per disegnare la ceramica, aveva cominciato a sfruttare il mio talento e la mia creatività per arricchirsi e fare affari con mezza Barcellona.
Di quello che guadagnava con le mie creazioni quel bastardo profittatore lasciava a me solo le briciole.
E per evitare che io mi guardassi intorno, che lo abbandonassi e cercassi impiego presso qualche altra fabbrica, mi faceva credere che io fossi
"uno di famiglia", il figlio artista che aveva sempre desiderato e che mai aveva avuto.
Ipocrita e figlio di puttana, tuo padre: un conservatore, un cristiano praticante, un nemico giurato delle classi operaie, degli anarchici,
dei repubblicani, degli atei, che accoglieva in casa sua uno di quelli che normalmente in pubblico combatteva e disprezzava.
Nella tua famiglia tutti mi guardavano con ribrezzo, bastava vedere gli sguardi di disprezzo di tua madre e tua sorella per capire che io in quella casa ero fuori posto.
E poi c'eri tu che, a differenza loro, alternavi su di me occhiate sprezzanti e altezzose a sguardi carichi di desiderio.
Una bimba abituata ad avere sempre tutto e subito. Mi guardavi pensando che sarei diventato il tuo giocattolino.
Alla fine del pranzo domenicale a cui mi aveva invitato, tutti si erano alzati per ritirarsi nelle loro stanze a riposarsi.
Tutti, tranne te. Avevi aspettato che rimanessimo soli per alzarti e, con il tuo fare borioso, ordinarmi di seguirti.
Avrei potuto andare via, ignorandoti. Ma ho preferito evitare di entrare in guerra con te.
Ti avevo seguito senza ribellarmi, curioso di capire cosa ribolliva nella testa di una viziata come te.
Mi avevi tirato di colpo dentro uno stanzino in penombra e, lontana dagli sguardi indiscreti, avevi provato ad fare quello che
le tue compagne di classe, stupide borghesi viziate come te, ti avevano raccontato.
Dopo avermi spinto contro la parete, premendo contro il mio corpo i tuoi seni, avevi avvicinato la tua bocca alla mia.
Le tue mani erano scivolate dentro i miei pantaloni alla ricerca del mio sesso.
Dopo averlo trovato me l'avevi preso in mano, stringendolo con forza, spingendo contemporaneamente le tue labbra sulle mie.
Non sapevi nulla sul sesso, non avevi la più pallida idea di cosa fosse il piacere: le tue labbra serrate e quella presa stretta sulla mia verga erano un semplice gesto di ribellione contro le mille convenzioni che la società ti aveva imposto, contro i retrogradi precetti della tua religione, contro le buone maniere che ti avevano insegnato.
"Mi stai facendo male" - ti sussurrai, cercando di farti capire che il modo con cui stavi afferrando la mia verga non era quello corretto.
Mi avevi lasciato andare qualche istante dopo. Ansimavi eccitata da quel gioco perverso che avevi osato fare, proibito ed eccitante per te, banale e insulso per me.
Preso dall'improvviso desiderio di insegnarti cosa fosse realmente "il proibito" provai a toccarti i seni. Venni fermato da un tuo schiaffo in pieno volto.
"Non ti permettere, brutto porco!" - mi avevi ruggito con rabbia.
Si concluse in questo modo la tua prima esperienza con il tuo "giocattolino", piantandomi nello stanzino e scappando in camera tua senza aggiungere nient'altro.
Tornato in sala da pranzo presi le mie cose per andare via, lasciando alla domestica l'incarico di presentare i miei saluti a tuo padre.
Con l'aumentare del successo delle mie creazioni gli inviti a pranzo e a cena di tuo padre si moltiplicarono e con essi le occasioni di poterti vedere.
Avevamo ormai fatto l'abitudine di finire in quello stanzino in penombra dopo aver mangiato ed aver atteso che tutti si ritirassero nelle proprie stanze.
Ero diventato il tuo dessert proibito dopo il dessert.
Ti lasciai fare un paio di volte senza reagire, aspettando che osassi andare oltre a quel bacio e quel gesto impudico delle tue mani dentro i pantaloni, aspettando che trovassi il coraggio di sperimentare nuove cose.
Stanco del solito gioco provai a prendere l'iniziativa: la superbia e il malcelato disprezzo che nutrivi verso di me ti impedivano di fidarti di me, di lasciare che io ti guidassi.
Durante uno di quei baci a labbra serrate provai a cingerti i fianchi con le mani, scatenando in te la paura di osare.
Avevi risposto a quel mio gesto con una ginocchiata nelle palle che mi aveva piegato in due dal dolore.
"Bastardo!" - mi avevi urlato, lasciandomi solo e scappando ancora una volta in camera tua.
Non mi arresi. La volta successiva osai ripetere lo stesso gesto, preparandomi a difendermi dalla tua ginocchiata che però non arrivò.
Mi avevi permesso di far scorrere le mani lungo i fianchi fino ad arrivare al tuo sedere. Strinsi le natiche tra le mie mani, provocandoti un improvviso spasmo.
Provai poi a schiudere le labbra per cercare di trasformare quel bacio insulso che ci stavamo dando in qualcosa di più sensuale.
Ancora una volta la paura prese il sopravvento sulle piacevoli sensazioni che stavi provando. Dopo esserti divincolata eri nuovamente scappata via.
Pranzo dopo pranzo, dessert dopo dessert, abbiamo iniziato a fare piccoli ma graduali progressi. La tua ritrosia cedeva gradatamente il posto
alla fiducia. Lentamente ti stavi lasciando trascinare da me in quella che è per i cristiani bigotti della tua razza la via della perdizione.
Ricordi la meravigliosa scoperta delle perverse e strane sensazioni che ti provocò il tuo primo bacio con la lingua?
E quando lasciasti che le mie mani si infilassero nel tuo vestito e raggiungessero il tuo seno?
Fu indimenticabile sentire sotto le mie dita i tuoi capezzoli eretti, il calore che emanavi tra le gambe quando hai permesso alle mie mani di accarezzare il tuo sesso rovente da sopra la stoffa delle mutandine.
Indescrivibile era stato lo spettacolo di te che scoprivi per la prima volta le sensazioni di un vero orgasmo.
Riuscisti a godere sebbene un sottile strato di stoffa separava le mie mani dal tuo vulcano in piena eruzione.
Una sera, terminata la cena, mi hai chiesto di uscire di nascosto di casa e di portarti tra i maleodoranti quartieri di Barcellona in cerca di divertimento sfrenato e di follie notturne lontante anni luce dal perbenismo della tua famiglia.
Ti introdussi ai piaceri dell'alcol, del ballo lascivo e provocante, trascinandoti nei putridi ghetti della città in mezzo a ladri, mendicanti, puttane di strada, ubriachi e drogati.
La tua sete di libertà, la tua ribellione contro i rigidi precetti a cui eri stata sottoposta per ben diciotto anni venivano finalmente appagati.
"Dipingimi, nuda" - mi dicesti una sera, trascinandomi in camera tua e rinunciando alla scappatella notturna a cui eri ormai avvezza
"...ho visto i bozzetti delle donne nude che nascondi in fabbrica e...voglio essere dipinta una di quelle puttane!"
Dal linguaggio che usavi era chiaro eri ormai divenuta un impetuoso ciclone privo di controllo.
"Dipingo solo puttane che prima me l'hannno succhiato" - deciso a rilanciare, volevo scoprire fino a che punto saresti stata capace di spingerti.
Ed eccoti qui, in camera tua, in ginocchio davanti a me, con il mio bastone di carne che si staglia dritto a pochi centimetri dalla tua bocca.
Mi viene quasi da ridere al pensiero che nella medesima posizione, a mani giunte, con sguardo angelico, preghi il tuo Dio.
Nel tuo sguardo, adesso, non c'è nulla di angelico: guardi la mia verga con voluttà, desideri accoglierla dentro la tua bocca, mentre il tuo sesso in fiamme reclama disperatamente attenzioni.
"Succhialo, puttana!" - ti ordino in preda all'eccitazione.
Chiudi gli occhi mentre la tua bocca si dischiude lentamente sul mio glande.
Le tue mani impudiche si sono fatte strada tra le tue gambe per cercare di placare la voglia lussuriosa di godere che hai mentre me lo prendi in bocca.
"Puttana!" - continuo a sussurrarti mentre ti dai da fare con passione crescente sulla mia verga.
Le tue labbra corrono sulla pelle della mia asta, umettandola e rendendola lucida con la tua saliva.
Il tuo istinto ti porta a muovere la testa in modo sempre più convulso, intuisci rapidamente come far felice un uomo e impari in fretta a muoverti.
Il piacere di scoparti la bocca è immenso, l'idea che tuo padre possa entrare nella tua stanza
e vedere il suo angioletto trasformato in un perverso diavolo accende in me voglie ancora più lussuriose.
Spingo il mio sesso dentro di te, costringendoti a prenderlo in gola.
Ti stacchi da me per riprendere fiato e per trattenere il conato di vomito che la mia mossa improvvisa ti ha causato.
Il tuo volto è paonazzo, imperlato di sudore. Mi guardi con sorpresa, ma non adirata.
La ragazzina viziata che ho conosciuto la prima volta che sono entrato in casa tua, quella che voleva dirigere il gioco pretendendo di sottomettermi, ha ceduto il passo ad una piccola troietta in erba ansiosa di diventare una puttana navigata.
Senza dirti nulla torni docilmente a lavorare la mia verga con la bocca. Mi dimostri di aver imparato la lezione: ad un certo punto ti fai scivolare in gola il mio glande.
La sensazione di piacere che mi provochì è così intensa che trattengo a stento l'orgasmo.
Mi godo per qualche altro minuto la tua bocca prima di prendere l'ennesima decisione che ti lascerà ancora una volta sorpresa: un attimo prima di venire afferro la tua testa e la blocco sulla mia verga. Vengo e ti scarico tutto il mio sperma nella gola.
Ti vedo reagire assecondandomi: inizi ad inghiottire il mio seme facendo attenzione a non farti sfuggire nemmeno una goccia.
Mi accascio lentamente a terra mentre la tua bocca vorace si occupa degli ultimi scampoli del mio godimento.
Mi guardi soddisfatta con un bel sorriso sornione, una minuscola goccia di bava ti cola ad un lato della bocca.
E' questo il volto che la mia mente fotografa e che presto la mia mano riprodurrà sulla carta come primo bozzetto.
"Spogliati" - ti dico sottovoce prendendo i carboncini e la carta.
Mentre ti togli i vestiti abozzo sul foglio bianco il ricordo che ho del tuo viso soddisfatto.
"Dove mi metto?" - mi chiedi, attirando la mia attenzione.
Il tuo candido e giovane corpo nudo in contrasto con il tuo viso rosso ed eccitato mi investono e mi travolgono come un carro in corsa sul Paralelo: sei bella come una dea.
"Distenditi a terra, sul tappeto" - ti dico, cercando di trattenere l'eccitazione che mi hai provocato.
Con l'aiuto di alcuni cuscini che hai sul letto trovo la posizione giusta di ogni parte del tuo corpo.
Ti osservo per qualche istante, non sono soddisfatto dell'espressione che ha il tuo volto.
Un'idea improvvisa, perversa, mi balena in testa: ti apro le gambe e mi butto sul tuo sesso con la bocca, leccando vigorosamente le pieghe della tua carne.
Inizi ad ansimare, attendo il tuo primo gemito di piacere prima di fermarmi e tornare ai miei carboncini.
Ti rimetto nella posizione iniziale: il tuo viso eccitato, le forme delicate del tuo corpo daranno vita ad un'opera d'arte.
Rimani immobile, aspettando un mio cenno. Il tuo volto con il passare del tempo si rilassa.
Fortunatamente ho fotografato nella mia mente il tuo viso sconvolto dal piacere: è la prima cosa che prende forma sul foglio.
Dopo alcuni minuti ti faccio capire che puoi alzarti e raggiungermi.
Ti metti dietro di me ad osservarmi in silenzio mentre le mie mani continuano ad agitarsi sul foglio.
Posi delicatamente le tue mani sulle mie spalle e avvicini la tua bocca ad un mio orecchio.
"Smettila, mi distrai" - ti dico con voce seria.
Attendi in silenzio che io termini il bozzetto. Te lo mostro. Il tuo viso è compiaciuto ma leggo nel tuo volto un velo di insoddisfazione.
"Adesso voglio che..." - lasci la frase incompiuta di proposito.
Ti guardo incuriosito.
"...voglio quella cosa che mi hai fatto un attimo prima di iniziare a dipingermi..." - mi dici arrossendo
La santarellina è ormai un lontano ricordo: ho creato un mostro affamato di sperimentare tutte le forme di sesso.
"...e se ti dicessi di no?" - oso contraddirti.
Il tuo viso si scurisce di colpo, parole che pronunci fanno riaffiorare il ricordo della bimba viziata e prepotente che eri:
"Beh...potrei mettermi ad urlare, richiamare l'attenzione di tutti...accusarti pubblicamente di aver tentato di violentarmi e rovinarti la vita e la carriera...mio padre è un uomo potente in città, ti renderebbe la vita impossibile...nessuno sarebbe disposto a darti un lavoro..."
Passano degli istanti eterni di silenzio, istanti in cui faccio fatica a ricredermi sul tuo cambiamento radicale.
Mi chiedo che fine abbia fatto la tua ribellione a tutto quello che per hanni ti hanno imposto,
mi chiedo come sia possibile, dopo tutti i momenti di complicità che abbiamo vissuto, che tu torni ad essere una così vile ricattatrice.
"...stavo scherzando!" - aggiungi tornando a sorridere.
"Sono disposta a pagarti..." - mi dici con voce voluttuosa - "...in natura"
Non capisco cosa vuoi dire esattamente con quelle parole. Resto in silenzio in attesa che ti spieghi meglio. Invece di usare le parole decidi di farmi vedere cosa intendi: ti siedi di fronte a me sul tappeto e spalanchi in modo osceno le gambe mostrandomi il tuo sesso.
"Che ne dici se ti cedessi...la mia virtù?" - mi chiedi
Farsi deflorare da un umile pittore, perdere l'onore, forse anche la possibilità di prendere marito in cambio di sesso orale!
No, dopo lo 'scherzo' che mi avevi appena fatto non potevo permettermi di spingermi così oltre.
Ammesso che ti avessi presa sul serio e avessi accettato di toglierti la verginità avresti potuto trovare sempre il modo di ricattarmi, di accusarmi di averti violentato.
E i bozzetti che avevo appena disegnato sarebbero stati un indizio.
Raccolgo allora i carboncini e i bozzetti meditando di disfarmi delle prove prima che sia troppo tardi e mi accingo ad andarmene.
Mi salti addosso, da dietro, facendomi cadere rovinosamente a terra. Senza darmi il tempo di reagire mi rigiri a faccia in su come un bambolotto, mi piazzi il tuo sesso sulla faccia e corri a slacciarmi i pantaloni per liberare la mia verga. Cerco di resistere alla tentazione di leccarti mentre la tua bocca inizia a darsi da fare sul mio membro. Una piccola goccia della tua rugiada prende forma percorrendo lentamente le grandi labbra, dall'alto verso il basso, per tutta la lunghezza del tuo sesso. Si ferma infine sul tuo clitoride gonfio.
Il piacere che mi sta provocando la tua bocca, l'immagine del tuo sesso eccitato a pochi centimetri dalla mia bocca, la goccia del tuo miele che improvvisamente si stacca dal tuo sesso finendomi sulle labbra mi trascinano irrimediabilmente nel baratro della lussuria. Cedo ad ogni proposito razionale precedentemente formulato e affondo il mio viso sul tuo sesso.
Hai vinto, ragazzina, mi hai fatto capitolare. Ti sei convertita in una irresistibile puttana tentatrice.
Merito mio e dei miei insegnamenti? Forse.
Più probabile che il merito sia del tuo talento innato di donna perversa.
Lecco il tuo sesso con avidità tale da impedirti di dedicarti alla mia erezione con la dovuta passione.
Incapace di gemere e succhiarmi allo stesso tempo ti abbandoni al piacere poggiando il tuo viso sulle mie gambe e tentando di soffocare le urla di piacere spingendo con forza la tua bocca contro la mia coscia. Riesco a scorgere chiaramente i muscoli della tua vagina che si contraggono e rilassano ritmicamente. Concentro le attenzioni della mia lingua sul tuo clitoride gonfio ed eretto mentre con una mano raggiungo il tuo sesso e spingo una delle mie dita nel buco della perdizione. Riesco a sfiorare per un istante il tuo imene quando dirompente e devastante l'orgasmo scuote il tuo corpo. Sento le tue unghie affondare nella mia carne, la tua bocca premere con forza sulla mia pelle. Il miele copioso del tuo sesso disseta la mia bocca mentre i muscoli pelvici sono in preda a potenti e incontrollati spasmi.
Resto immobile sotto di te lasciando che il tuo corpo si rilassi, che il fiato pesante che hai diventi più lieve. Torni a muoverti dopo qualche istante, ti giri, mettendoti a cavalcioni su di me e raggiungendo la mia bocca con la tua. Mi baci, con passione, assaporando dalla mia lingua i succhi che tu stessa hai prodotto. Muovi il bacino e le gambe facendo in modo che il mio sesso entri a contatto con il tuo. Hai ritrovato in poco tempo il vigore che l'ultimo orgasmo ti aveva tolto, sei un torrente in piena. Con una mano raggiungi il mio sesso e, senza darmi tempo di realizzare cosa stai per combinare, lo infili dentro di te. "No" - è l'unico suono strozzato che riesco ad emettere mentre ti alzi su di me e spingi con forza il tuo pube contro di me.
Il tuo viso è una smorfia di dolore mentre con colpi secchi e violenti fai in modo che il mio sesso sprofondi completamente dentro di te. Resti immobile quando finalmente senti il tuo pube aderire al mio. La smorfia di dolore si trasforma in un sorriso soddisfatto.
"Sono tua" - mi dici con sguardo compiaciuto.
Sei mia. Che mi piaccia o no, hai perso la verginità impalandoti con forza sul mio sesso. Non si torna più indietro, nessun rimpianto ti sarà concesso.
Ma a te non importa.
Torni a piegarti su di me, avvicinando la bocca al mio volto e sussurrandomi: "adesso fammi volare..."
Amore, sesso...non so cosa stiamo facendo in questo momento. Sento il tuo corpo muoversi sul mio,
la mia carne fondersi nella tua, il tuo fiato sempre più pesante e convulso. Ti sento stretta, terribilmente stretta. Gli umori che il tuo sesso irrorano sul mio attutiscono questa terribile sensazione. Godi, mia dolce fanciulla, godi del mio corpo e liberati dal giogo che per anni ti è stato imposto. La fanciullezza è ormai un ricordo, sostituita da una perversa e continua fame di lussurioso piacere. Ti sento godere, ti sento venire con forza. Afferro il tuo viso tra le mani per ammirare ancora una volta l'affascinante cuadro del tuo volto sconvolto dal piacere. Mi fissi negli occhi, nutrendo del mio sguardo il piacere già immenso.
Con un movimento inconsulto e improvviso riesco a uscire da te un'attimo prima di venire.
Copiosi schizzi di sperma si liberano nell'aria andandosi a depositare sulla tua candida schiena e sulle tue natiche lisce. Affondi il viso sul mio petto, giacendo immobile sul mio corpo. Sfioro i tuoi capelli, incapace di indovinare i tuoi pensieri, incapace di predire quello che ci aspetterà quando ritorneremo sulla terra ad affrontare la triste realtà delle nostre vite.