Quel che segue è una storia riadattata tratta da una nota trasmissione televisiva che parla di tradimenti.
Irina è una ragazza ucraina che ho conosciuto alcuni anni fa.
Me l'aveva presentata un mio caro amico dopo che era stata diagnosticato a mia madre l'alzheimer e che i medici mi avessero raccomandato di trovarle una badante che si prendesse cura di lei. Irina era alla ricerca di un nuovo lavoro dopo che la signora di cui si era presa cura, la madre di questo mio caro amico, era morta.
Durante il colloquio di lavoro Irina mi aveva raccontato che lavorava per potersi permettere gli studi universitari, che sognava di ottenere un giorno la laurea in infermieristica e che prendersi cura delle persone in difficoltà era una sua vocazione. Mentre mi parlava di sè, della sua storia e del suo passato più volte ero rimasto imbambolato a guardare i suoi occhi. Gli occhi di Irina sono qualcosa di indescrivibile, neri come la pece ma lucenti, dotati di una luce che fin da subito attirò la mia attenzione. Aggiungete al fascino dei suoi occhi una deliziosa figura di donna, un carattere dolce e remissivo e una storia di una fuga dalla terra natia in cerca di un futuro ed eccovi Irina: una donna di cui mi sarei potuto innamorare fin dal primo istante in cui l'avevo conosciuta.
Feci fatica a resistere al suo fascino, dovetti ricordarmi di essere un uomo sposato e che Irina era lì in casa di mia madre per un lavoro e non per sedurmi. Riuscìi a toranre sul pianeta terra e a riprendere a parlarle con fare serio e professionale prima che Irina si potesse accorgere di qualcosa. Le spiegai i dettagli del lavoro, la retribuzione e che avrebbe potuto alloggiare nella camera da letto che usavo quando ero bambino. Sebbene lo stato di mia madre fosse ottimo Irina sapeva già che la situazione sarebbe diventata via via sempre più difficile le condizioni lavorative le sembrarono interessanti e mi confermò che avrebbe accettato senza problemi il lavoro.
Non ci fu bisogno di fare altri colloqui: anche a mia madre quella ragazza parve fin da subito una bella persona, simpatica, dai modi dolci e attenti. In poche parole nel giro di una settimana Irina si era trasferita da mia madre e aveva confermato impressioni e aspettative: servizievole e amorevole
svolgeva senza problemi tutte le mansioni che mia madre le dava. In breve tempo cominciarono tra di loro le confidenze instaurando un rapporto di fiducia così stretto da poterle considerare amiche.
"E' la figlia che non ho mai avuto..." - mi confessò un giorno mia madre mentre Irina era fuori a fare la spesa - "...e la moglie che avrei voluto per te!"
Le sue parole non mi lasciarono sorpreso più di tanto: mia moglie non era mai andata a genio a mia madre che avrebbe voluto per me la classica donna tutta casa e attenzioni per il suo uomo. Marta - questo il nome di mia moglie - era l'esatto opposto: donna dinamica e in carriera, sempre al passo con la moda e con i tempi, amante della vita mondana, preferiva le uscite in discoteca con le amiche a una cena galante con il sottoscritto. Era un tipo peperino, il suo carattere era l'esatto opposto del mio e forse per tale motivo ci eravamo piaciuti fin da subito confermando la regola degli opposti che si attraggono.
Altro cruccio per mia madre era stato la mancanza di nipoti da coccolare: Marta era troppo impegnata nel lavoro e nella vita frenetica di tutti i giorni per permettersi di fare dei figli, troppo complicato e inconciliabile il lavoro di madre con il carattere e le abitudini che aveva lei. Tra lei e mia madre non era mai stata guerra aperta; Marta era sempre la benvenuta in casa sua, ma l'atteggiamento cerimonioso di mia madre non sfociava mai in affetto: rispettava le mie scelte, rispettava la donna che avevo deciso di sposare sebbene non condividesse quanto avessi deciso per la mia vita. Non mancava però di farmi notare spesso quanto inadatta fosse per me una donna del genere, per cui considerai quanto aveva detto su Irina e me come una delle tante su frecciatine.
Nel primo periodo di convivenza tra Irina e mia madre non c'era mai stato modo di rimanere a parlare da solo con lei: mia madre era ancora abbastanza autosufficiente per cui mi limitavo a far visita per sincerarmi che andassero d'accorto e che non si dimenticasse di pagarla. Fu durante una di queste visite che Irina mi chiese la cortesia di darle una mano a capire un passaggio di uno dei libri che stava studiando per un esame universitario. Non sono un esperto di medicina, per carità, la sua richiesta era dovuta più alla difficoltà di capire alcune parole che non aveva mai sentito e pensava che forse io, italiano madrelingua, potevo conoscere. Dopo avermi portato in quella che era diventata camera sua, Irina mi aveva fatto sedere alla scrivania, mi aveva messo il libro davanti e, vocabolario alla mano, aveva cominciato a sfogliare alla ricerca dei termini che l'avevano lasciato perplessa. Rimasi in silenzio accanto a lei aspettando il momento giusto per aiutarla. Fu allora che iniziai a perdere un po' di lucidità:
il sentire il suo profumo insieme al ricordo del giorno del colloquio quando ero rimasto colpito dal suo sguardo mi spinsero a sollevare gli occhi e a fissarla. Per la seconda volta da quando l'avevo conosciuta ero rimasto vittima di quello strano incantesimo: Irina continuava a parlarmi e io rimanevo in silenzio
a guardare quei suoi occhi tanto scuri quanto luminosi.
Tornai in me solo quando percepìi che sul viso di Irina si era disegnata l'espressione preoccupata: pensando che non mi sentissi bene Irina iniziò a chiamarmi ripetutamente per nome.
"Sto bene" - le dissi balbettando, cercando di tornare lucido e di concentrarmi sulle pagine del libro che mi stava mostrando.
Riuscìi a superare l'imbarazzo iniziandole a spiegare il significato di ciascuna delle parole che aveva letto, sebbene anche io fossi dubbioso del senso di quelle frasi scritte sul libro. Fu allora lei a partire con le spiegazioni facendomi capire il contesto in cui erano state usate. Iniziò di fatto a raccontarmi quello che avrebbe detto esposto durante l'esame. La ascoltai con attenzione facendole di tanto in tanto alcune domande.
"Ti ringrazio per avermi aiutato con l'esame" - disse ad un certo punto.
Cercai di sminuire l'importanza del mio contributo dicendole che si trattava solo di un piccolo problema linguistico e che la lingua italiana non è facile nemmeno per noi madrelingua. Fu allora che Irina facendo no con la testa e sorridendo mi disse che grazie alle mie domande e ai miei dubbi l'avevo aiutata a fare quella che sarebbe stata la prova generale del suo esame. Usciti dalla stanza e ritornati nel salone eravamo stati accolti da un sorrisetto strano di mia madre che aveva gradito la complicità che c'era stata tra me e Irina durante il periodo in cui eravamo stati via. Evitò di fare commenti in proposito, ma era chiaro che le faceva molto piacere vederci insieme.
Passarono i giorni senza che accadesse nulla di speciale tra me e Irina: andavo a trovare con regolarità mia madre che poco a poco iniziava a perdere la lucidità a causa della malattia, scambiavo qualche battuta con Irina senza però avere alcuna occasione per rimanere da solo con lei e intavolare discorsi più personali. Non che io stessi cercando esplicitamente momenti per per stare da solo con lei visto che in quel periodo la cose con mia moglie Marta andavano ancora bene.
Accadde poi che un giorno, mentre mi trovavo a pranzo a un ristorante insieme a mia moglie Marta ricevetti quella telefonata. In quel momento a tavola eravamo in tre: si trattava di un pranzo di lavoro di mia moglie con una sua cliente. Marta aveva però deciso di invitare anche me per poter passare qualche ora insieme. Come già detto ad un certo punto nel bel mezzo del pranzo mi squillò il telefono: era Irina. Preoccupato dal fatto che si potesse trattare di una emergenza decisi di alzarmi e allontanarmi dal tavolo.
Dall'altro capo del telefono Irina aveva iniziato ad urlare frasi senza senso ripetendo più volte "Trenta! Trenta!".
Lo sforzo che feci nel mantenere la calma fu incredibile: sentirla urlare mi aveva fatto pensare che fosse accaduto qualcosa di grave a mia madre. Aspettai che Irina si tranquillizzasse un po' prima di poterle chiedere cosa fosse successo.
"Ho superato l'esame! Quello che avevo preparato con te! Ho preso trenta, il voto più alto della mia carriera universitaria!" - mi disse con gioia incontenibile.
Mi sciolsi in una risata liberatoria: per fortuna mia madre stava bene e le urla erano dovute ad una bella notizia. Persi il conto delle volte che Irina mi ringraziò durante la telefonata, presa dalla gioia del momento mi raccontò nel dettaglio tutte le fasi dell'esame ed in particolare del momento in cui la commissione le aveva chiesto di quel passaggio del libro su cui l'avevo aiutata.
"Mi hanno fatto i complimenti! Non credevano che una straniera potesse riuscire a capire quei concetti! Mi hanno detto che a volte nemmeno gli studenti italiani riescono a capire quello che c'è scritto!" - urlò eccitata. La telefonata con Irina si concluse dopo altri mille ringraziamenti.
Tornai al tavolo mostrando un sorriso soddisfatto che lasciò abbastanza stranita mia moglie e la sua cliente. Per evitare di passare per stupido raccontai loro quanto accaduto, rendendomi conto quasi subito che le mie spiegazioni le avevano lasciate ancora più perplesse. Rimasi in silenzio per il resto del tempo, un po' per evitare di mettere in imbarazzo mia moglie un po' per ripercorrere con la mente la telefonata e le parole di Irina. Dopo aver terminato il pranzo ed esserci congedati dalla cliente di mia moglie, Marta non esitò a dirmi quanto fosse stato imbarazzante per lei il mio comportamento. Cercai di evitare lo scontro e il litigio: era chiaro che a Marta interessasse poco o niente di Irina e di quel che avevo fatto per lei. Mi resi conto allora che quell'episodio stava a dimostrare che io e Marta avessimo iniziato ad allontanarci. Da quel momento in poi il tarlo che Marta non fosse la persona giusta per me cominciò ad insinuarsi dentro di me.
Ritornando al giorno dell'esame di Irina, sebbene non era il giorno in cui ero solito andare a trovare mia madre, decisi di passare da lei. Nel momento in cui aprìi la porta Irina era in casa. Accortasi della mia presenza lasciò il lavoro che stava facendo per venirmi incontro e abbracciarmi. Mi strinse forte a sè poggiando la bocca sulla mia guancia per darmi un lungo bacio. Rimasi frastornato nel sentire addosso il calore del suo corpo, il suo profumo e la forza con cui mi stringeva. Risposi di istinto al suo abbraccio con un abbraccio. La mia mente iniziò improvvisamente a vagare smarrita tra le immagini di me e lei che ci baciavamo e che finivamo su di un letto a fare l'amore.
"Bravo figliolo! Sono orgogliosa di te!" - la voce di mia madre interruppe l'idillio e l'abbraccio tra me e Irina.
A quel punto Irina tornò al lavoro che aveva interrotto mentre io avevo seguito mia madre in salone e mi ero seduto sul divano accanto a lei.
"E' davvero una brava donna tua moglie. Sono contenta che te la sei sposata..." - iniziò a dire mia madre sedendosi sul divano.
Mai in tutta la sua vita mia madre aveva parlato così a proposito di mia moglie Marta; sebbene non capissi la lasciai parlare.
"...mi dispiace che sta tutto il giorno qui con me ad aiutarmi in casa...dovreste passare più tempo insieme, sai? Prima di morire la soddisfazione di tenere un nipotino tra le braccia me la dovete dare! Io glielo dico sempre..."
Continuavo a non capire: mia moglie che la aiutava con le faccende di casa? Marta che parlava con mia madre di fare figli? Era tutto davvero surreale.
A quel punto si avvicinò a me, abbassò la voce per non farsi sentire da Irina e, mettendo le sue mani sulle mie, mi disse: "...va bene anche una nipotina eh? Non vi dovete fare problemi di questo tipo, eh?"
Poi rimase in silenzio per un attimo, come sovrappensiero e infine, sempre sottovoce aggiunse: "...ma...perchè tua moglie deve rimanere sempre a dormire qui con me? Gliel'ho detto più volte che i figli si fanno in due e in camera da letto...se lei sta sempre qui come fate a fare sto nipotino?"
Quanto aveva appena detto mi aveva lasciato completamente confuso; sollevai per un istante lo sguardo in direzione di Irina come se l'istinto mi avesse suggerito che avesse le risposte alle domande che mi stavo facendo in quell'istante. Irina mi stava guardando rossa in volto.
"Irina! Prepara un caffè a tuo marito! Credo che non capisce quello che gli sto dicendo!" - disse mia madre a voce alta.
Improvvisamente tutto mi era più chiaro: il volto rosso di Irina, il farneticare di mia madre... Irina per mia madre era mia moglie!
"Lascia stare Irina, va bene così!" - dissi io, evitando di distoglierla dalle faccende domestiche.
A quel punto mi alzai e, avvicinatomi a Irina, le chiesi sottovoce: "Appena puoi, possiamo parlare un attimo da soli?"
"Andiamo, qui ho finito" - mi rispose con il volto ancora rosso facendomi strada in camera sua.
"Ti chiedo perdono, Irina!" - fu la prima cosa che le dissi dopo aver chiuso la porta della cameretta - "...da quanto tempo ha iniziato a fare questi discorsi mia madre?"
Irina mi sorrise e guardandomi negli occhi mi disse: "...la signora...ci ha 'sposati' da circa una settimana. All'inizio nemmeno io capivo di che cosa parlasse, continuava a ripetere che dovevo vedere più spesso mio marito, che dovevo fare l'amore con lui, che voleva un nipotino...non capivo: io non ho un marito"
"...io..." - provai a balbettare cercando di scusarmi nuovamente.
"Non preoccuparti...va tutto bene...per me non è un problema fingere davanti a lei che siamo sposati per non confonderla...in fondo..." - si interruppe un istante - "...in fondo ti devo un esame e il primo trenta della mia carriera universitaria..."
Il suo dolce sorriso e il suo sguardo cancellarono dalla mia mente ogni pensiero.
"Ok Irina...ma..." - presi un profondo respiro e chiusi gli occhi cercando di distogliere la mente dal suo sguardo - "...a partire da adesso devi avvisarmi quando mia madre comincia a perdere la lucidità...voglio cercare di essere più presente con lei soprattutto adesso che ha iniziato a fare questi discorsi fuori dal mondo..."
Dopo averle fatto queste e altre raccomandazioni tornammo di nuovo in salone, lei alle faccende che aveva lasciato ed io a salutare tutti e tornare a casa.
Da quel momento il numero di messaggi e di chiamate di Irina cominciarono a moltiplicarsi: mantenendo la parola data, Irina mi aggiornava più volte al giorno sullo stato di salute di mia madre. Ricevere le sue telefonante anche in momenti improbabili del giorno era diventata per me una piacevole routine: sentire la voce di Irina all'altro capo del telefono piuttosto che mettermi in ansia circa la salute di mia madre aveva un effetto inspiegabilmente rilassante, distensivo. Mia moglie, sebbene mal sopportasse tutte quelle chiamate e quei messaggi, era costretta ad accettare la situazione.
Non eravamo arrivati mai al litigio. Per non esplodere Marta cercava rifugio fuori casa organizzando serate senza di me; non so se si trattasse di una forma di ripicca o se lo facesse per proteggersi dalle mie mancate attenzioni, quello che era innegabile è che poco a poco ci stavamo allontanando e che nessuno dei due avesse voglia di arrestare questo graduale allontanamento. Durante una delle tante telefonate serali mi lasciai sfuggire con Irina il fatto di essere solo in casa. Irina, che aveva già accompagnato a letto mia madre e si era assicurata che si fosse addormentata mi propose di rimanere a telefono per parlare d'altro. Fu così che iniziammo a parlare a ruota libera di noi e del nostro passato. Fu una lunga telefonata. Lei mi raccontò con maggior dettaglio la sua vita da quando aveva lasciato il suo paese. Il suo racconto fu così coinvolgente e interessante che riuscìi a percepire ad ogni istante sogni, speranze, dubbi, incertezze e mille altre sensazioni che Irina aveva provato nei vari avvenimenti che aveva vissuto. Irina si stava spogliando metaforicamente di qualsiasi pudore o remora, raccontandomi praticamente tutto di lei. Anche io feci altrettanto non lesinando aneddoti più o meno personali del mio passato. Rimasi sopreso quando Irina mi confessò di sapere già alcune cose di me.
Mia madre infatti le parlava spesso di me e non aveva esitato in diverse circostanze a raccontarle di faccende abbastanza personali che mi riguardavano. Tale rivelazione non mi sconvlse più di tanto: da un lato immaginavo già che mia madre si fosse confidata con lei, dall'altro lato sentivo che Irina fosse una persona discreta di cui ci si potesse fidare.
Dopo quella telefonata ne seguirono molte altre. C'era una tale sintonia tra di noi che a volte non aspettavo altro che il momento di una sua chiamata. Quando andavo a trovare mia madre io e Irina mantenevamo un atteggiamento distaccato ma appena soli a telefono ci trasformavamo in una affiatata coppia di amici di vecchia data. La parola amore era e rimaneva un tabù: parlavamo di tutto glissando sui sentimenti che provavamo l'uno per l'altra. Avevamo paura di dare un'etichetta al nostro rapporto nel tentativo di rovinare quello che c'era tra di noi e complicare il nostro rapporto.
"Mi aiuteresti a preparare il mio prossimo esame?" - mi chiese uno dei tanti pomeriggi in cui ero andato a trovare mia madre.
Dopo esserci accertati che mia madre stesse bene andammo in camera sua a studiare. Proprio come accaduto con l'esame precedente Irina iniziò con spiegazioni attente e precise. A volte la interrompevo cercando di fare domande sensate o semplicemente perchè non capivo bene di che cosa stesse parlando.
Non ci fu un istante in cui provai noia e, come c'era da aspettarsi, il tempo volò via. Quella sera tornai a casa soddisfatto dell'aiuto dato ad Irina. Ma la mia felicità era destinata a svanire non appena varcai la soglia di casa: Marta mi stava aspettando. Era nervosa e molto alterata perchè non l'avevo avvisata
che sarei rientrato tardi. Avevo dimenticato completamente che avevamo un appuntamento e lei mi aveva aspettato invano per uscire. Mi giustificai dicendole la verità: ero rimasto ad aiutare Irina con il suo prossimo esame universitario e avevo dimenticato di guardare l'orologio. A peggiorare la situazione arrivò in quel momento un messaggio di Irina che mi ringraziava per il tempo passato insieme. Il mio sorriso nel leggere quel messaggio fece perdere le staffe a Marta che intuì che si trattasse di Irina: cominciò a farmi domande su di lei, convinta che ci fosse qualcosa di più che una semplice amicizia. Inutile insistere sulla natura innocente delle telefonate, sul fatto che ci fosse di mezzo lo stato precario di mia madre: Marta era furiosa.
Finimmo per litigare. Le parole di entrambi cominciarono a farsi sempre più pesanti, così come il tono della voce.
"Mi sono rotta i co***oni di dividerti con quella tr**a!" - arrivò ad urlarmi, completamente fuori di sè.
Mai in anni di frequentazione e di matrimonio avevo visto Marta in quello stato, mai avevo visto in lei tutto quel risentimento nei miei confronti.
"Te la sei scopata?" - mi chiese senza tanti giri di parole, dimostrando di non aver capito assolutamente nulla del rapporto che c'era tra me e Irina.
Ero stanco di lottare, di giustificarmi e di non essere creduto: era impossibile riuscire a convicere Marta che tra me e Irina non ci fosse nulla.
Decisi di arrendermi e di assecondare il suo folle gioco: "Si, me la sono scopata" - le risposi, mentendo spudoratamente. E dallo sguardo che Marta fece capìi che eravamo arrivati al capolinea. Malgrado la diversità dei nostri caratteri eravamo stati per molto tempo una coppia così affiatata da essere capaci in qualsiasi momento di riconoscere se l'altro stesse mentendo o meno. E Marta, scoppiata in lacrime e fuggita in camera da letto, mi aveva dimostrato di aver perso quel potere speciale che ci rendeva unici. Presi le chiavi e uscìi di casa. Iniziai a vagare senza meta per la città finchè, senza rendermene conto, mi ritrovai sotto casa di mia madre. Come un automa parcheggiai la macchina e salìi le scale fino ad arrivare davanti la porta di quella che una volta era stata la mia casa. Aperta la porta mi ritrovai davanti Irina.
"Cosa ci fai qui?" - mi chiese stupita.
Erano le quattro del mattino. Qualsiasi spiegazione diversa dalla verità avrebbe avuto poco senso. Provai allora a sviare la sua domanda chiedendole cosa ci facesse in piedi a quell'ora del mattino.
Irina rimase in silenzio a fissarmi negli occhi. Decise di raccontarmi la verità.
"...io...io..." - balbettò qualche istante prima di iniziare a raccontarmi tutto - "...è quando sei andato via che ho iniziato a sentirmi male...mi sento strana, agitata...uno strano e inspiegabile malessere...non riuscivo a capire di che cosa si trattasse...non riuscivo a chiudere occhio...avevo come la sensazione che ti stesse accadendo qualcosa di brutto. Ti ho scritto quel messaggio lottando con me stessa per nasconderti la mia ansia. Ho vagato per casa, ho provato a guardare la tv, a farmi una tisana rilassante...alla fine avevo deciso di distendermi sul letto e provare a dormire. Tutto inutile. Mi sono alzata per andare a bere un sorso d'acqua...passando davanti alla porta di casa mi sono fermata a fissarla con la sensazione che dovesse accadere qualcosa...poi, improvvisamente ho sentito che qualcuno la stava aprendo...ed eri tu..."
"Sono tornato a casa..." - dissi io - "...ho trovato Marta che mi stava aspettando. Abbiamo discusso, abbiamo litigato per..."
Mi bloccai di colpo. In pochi istanti ripercorsi le parole che Irina aveva appena pronunciato. Lasciai cadere le chiavi a terra e spinsi con il tallone la porta: al diavolo Marta, quello che Irina aveva vissuto era frutto di quella connessione speciale che si crea tra due persone che si amano. Il rumore della serratura della porta che si chiudeva dietro di me segnò l'inizio del primo bacio tra me e Irina. Non ricordo chi dei due si buttò tra le braccia dell'altro, chi osò per primo lanciarsi in quel bacio. Quel che ricordo bene è la dolcezza che provai, la tenerezza delle sue mani sul mio viso, il calore del suo corpo contro al mio. Improvvisamente e finalmente avevo chiaro quello che desideravo davvero. Non avrei più dovuto mentire a me stesso: volevo Irina. Interruppi quel primo bacio per prenderla in braccio. Dopo averla sollevata da terra, stringendola a me, mi diressi in quella che era stata la mia cameretta
e che adesso era la sua stanza. L'adagiai sul letto con delicatezza. Poi le sue labbra tornarono ad unirsi alle mie, le nostre lingue iniziarono a giocare e a inseguirsi nelle nostre bocche mentre poco a poco ci andavamo spogliando. Ci ritrovammo nudi a fare l'amore, a scopire quanto dolce fosse sentire i nostri respiri affannati mentre io mio muovevo dentro di lei e lei rispondeva accompagnando con movimenti del suo bacino i miei affondi. La baciai sul collo, tra i seni, sulla bocca, affondai i miei denti nella sua carne mentre liberavo dentro di lei il mio seme. Irina fece altrettanto, baciandomi il viso, la fronte, mordendomi il mento e infine stringendomi a se mentre le venivo dentro. La sentìi gemere di piacere un'infintà di volte quella notte, assaporai il suo sesso grondante di umori, la trascinai più volte fino all'orgasmo e rimasi ad ammirarla mentre il suo corpo vibrava di piacere. Con le prime luci dell'alba ci ritrovammo sfiniti e appagati l'uno nelle braccia dell'altra. Dopo aver dormito qualche ora ci risvegliammo abbracciati, consci che avremmo iniziato da quel giorno a scrivere insieme un nuovo capitolo della nostra vita.
Sono le 16.30 di un bellissimo pomeriggio di primavera, sono passati circa 7 mesi dal giorno in cui Irina e io abbiamo fatto l'amore per la prima volta. In questo momento la commissione universitaria la sta proclamando dottoressa in infermieristica e si sta congratulando con lei nell'aula magna dell'università. In grembo porta il nipotino che mia madre per anni aveva tanto desiderato e che non ha potuto vedere a causa di un improvviso arresto cardiaco che, in silenzio, nel bel mezzo della notte, se l'è portata via nel sonno, impedendo a me e Irina di regalarle quello che ci aveva chiesto. Il mio matrimonio e la mia storia con Marta sono finiti quella sera che sono uscito da quella che era stata per anni la nostra casa; mi sono trasferito a casa di mia madre e ho iniziato la mia vita con Irina che desidero sposare appena avrò ottenuto il divorzio da Marta.
Questo, per adesso, è il mio 'vissero felici e contenti'.