Un complicato rapporto in cui l'eros e l'amore si mescolano in modo altrettanto complesso...
Eccoci arrivati a casa.
Apro la porta e ti lascio entrare.
Mi sfrecci davanti come un furetto e ti dirigi velocemente verso la camera da letto.
Sbatti con violenza la porta dietro di te. Sei furiosa, una furia che, da quel che ti conosco, è destinata a scemare fra alcuni minuti.
Ti lascio da sola a sbollire la rabbia mentre ripercorro la sequenza di fatti che ti hanno portato a tale esasperazione. Siamo reduci di un percorso ad ostacoli sugli alberi, uno di quelli fatti di passaggi su corde claudicanti, ponti tibetani e tirolesi a decine di metri dal suolo. Lo dovevamo fare, lo dovevi fare. Ero il tuo psicologo e seduta dopo seduta mi sono perdutamente innamorato di te. Dopo averti confessato i miei sentimenti e aver scoperto che erano segretamente corrisposti da te, abbiamo deciso di comune accordo di interrompere le sedute; non sarebbe stato professionale né etico. Quello che avrei potuto continuare a fare come compagno era combattere, insieme a te, le tue paure. Quella che avevamo tentato appena di vincere era stata quella dell'altezze.
A metà percorso ti eri fatta assalire da uno attacco di panico, avevi iniziato a urlare in modo isterico e ti eri accovacciata su una delle piattaforme sugli alberi. Ti avevo raggiunta e con dolcezza ti avevo stretta a me sussurrandoti che tutto sarebbe andato bene. Avevamo completato il percorso ma parte della rabbia che alla fine eri riuscita a controllare tra le mie braccia era destinata ad esplodere. E così, arrivata a casa, eri corsa a rinchiuderti in camera da letto a prendere a pugni il cuscino.
Mi avvicino lentamente alla porta. Dalla camera non proviene alcun suono. Penso ti sia calmata e decido di entrare. Non ho il tempo di capire dove sei che una mano nella penombra mi afferra il braccio e mi strattona con forza fino a farmi cadere a terra.
"Figlio di puttana! Ti odio!" - ruggisci mentre mi balzi addosso e cominci a colpirmi con violenza il petto.
Hai deciso di far sbollire la rabbia che resta su di me, colpevole di averti trascinato nel turbine delle tue paure.
Riescoa intuire i movimenti delle tue mani nel buio, le blocco con le mie.
Reagisci buttandoti su di me e iniziando a prendermi a morsi dove capita. Le mie urla di dolore ti bloccano. Sei riuscita a farmi male e adesso ti lasci assalire dal rimorso.
Cominci a baciarmi in modo convulso e a sussurrarmi 'scusa, scusa...'. Libero le tue mani che immediatamente raggiungono il mio viso. Tempesti la mia bocca di mille piccoli baci finché non senti le mie labbra schiudersi. Mi baci con passione, infilandomi in gola la tua lingua impazzita.
Le tue mani corrono a slacciare i miei pantaloni: la rabbia si è trasformata in voglia lussuriosa.
In pochi istanti liberi la mia erezione, ti togli i pantaloncini aderenti, scosti le mutandine e dirigi il mio sesso dentro di te. Sei calda e accogliente come sempre, già lubrificata ed eccitata. Ti lascio condurre il gioco. So che vorresti farmi venire, ma non ne sei capace. Il ritmo cadenzato che ti sei imposta è destinato a farti perdere la testa, e così è.
Aumenti l'intensità e la velocità dei colpi: l'orgasmo è divenuto una priorità.
Vieni impalandoti con forza su di me e infine ti afflosci su mio corpo ansimante.
"Ti amo" - mi sussurri
"Lo so" - ti rispondo, carezzandoti i capelli.
Domani faremo paracadutismo, non te l'ho ancora detto, ma c'è tempo.