Domando la cugina

Seguito di fantasia nato dalla storia "domando la zia"...


È trascorso un po' di tempo dalla mia prima volta con zia ma, malgrado tutto, continuiamo a incontrarci segretamente e a farlo con la passione della prima volta. Da quando ho terminato le superiori e mi sono trasferito in città per l'università i momenti per stare insieme con lei sono drasticamente diminuiti ma non la voglia. Ho convinto i miei ad affittarmi una stanza singola con la scusa di poter studiare più serenamente non sapendo che la uso spesso per ospitare zia e trascorrere con lei momenti indimenticabili.

Ma in questa storia la protagonista non è lei, ma sua figlia Chiara, quella che per me è la "cugina grande". Tra me e lei non c'è mai stato un bel rapporto: da piccola sfruttava il fatto di essere la maggiore dei cugini per dettare legge su tutto e tutti. Decideva lei a che gioco giocare, chi doveva fare cosa e come. Ovviamente a me questa cosa non andava giù e armavo la rivolta contro di lei. Puntualmente finiva a zuffa tra me e lei e ovviamente chi le prendeva ero sempre io. Chiara per certi versi sembra essere la fotocopia di mia zia: ha sempre avuto un carattere forte, a tratti prepotente. A differenza di zia, però, Chiara non si è mai lasciata andare in moti di affetto nei miei confronti. Crescendo le cose non sono migliorate: abbiamo smesso di giocare insieme, abbiamo cominciato a frequentare compagnie diverse e l'indifferenza ha ceduto il passo a ogni tipo di sentimento. Tutto ciò fino al momento in cui è rientrata prepotentemente nella mia vita.

È accaduto tutto durante una sera di inverno. Le nostre famiglie si erano riunite a casa nostra per cenare insieme e terminata la cena avevo deciso di salire in soffitta con un paio di libri e la scusa di dover studiare. In cuor mio speravo in una visita di zia ma sapevo che in quell'occasione sarebbe stato poco probabile che l'assenza di zia passasse inosservata a tutti. Dopo essermi seduto al tavolo a leggere avevo sentito aprire e chiudere alle mie spalle la porta; credendo che si trattasse di zia dissi senza pensarci su: "meno male che sei riuscita a venire, mi sembra sia passata un'eternità dall'ultima volta..."

La voce di mia cugina chiara che pronunciava il mio nome mi gelò il sangue. È vero: non avevo detto nulla di compromettente, nulla di esplicito, ma avevo pur sempre paura che Chiara potesse capire di cosa stessi parlando. Mi girai a guardarla: "Chiara, che ci fai qui?" - chiesi con un po di timore.

Era in piedi, accanto alla porta di ingresso, un po' in penombra: 

"Dobbiamo parlare." - mi rispose chiudendo a chiave la porta.

A questo punto, per riuscire a comprendere meglio perché le cose andarono in un certo modo è necessaria una piccola premessa.

Il corso di laurea che avevo scelto dopo le superiori è stato psicologia: mi ha sempre affascinato studiare il comportamento delle persone in determinate situazioni. Già prima dell'università avevo cominciato a leggere decine di testi che trattavano del linguaggio del corpo, ossia di come il nostro corpo sia in grado di raccontare quello che non vorremmo dire. Tutto quello che avevo imparato sull'argomento mi fu di prezioso aiuto per gestire quanto accadde con mia cugina Chiara.

Dopo aver chiuso la porta fece un paio di passi in avanti tenendo le braccia nella posizione tipica di chi vuole proteggersi e difendersi. In quella stanza non ero l'unico ad aver paura.

"Chi credevi che fossi?" - mi chiese cercando di non far trasparire alcuna emozione 

"Zia Rita, tua madre" - risposi schietto - "...sai benissimo quanto le voglio bene"

"Anche troppo." - ringhiò furiosa.

"Che vuoi dire?" - le chiesi cercando di reggere il suo sguardo inviperito.

"Lo sai!" - rispose.

"Chiara, ti giuro, non so di cosa tu stia parlando..." - provai la strategia del finto tonto per capire dove volesse arrivare.

"Vi ho visti..." - continuò

"Chi? Cosa?"

Sapevo che stava parlando di me e zia, ma dovevo continuare a fingere di non capire: mai e poi mai avrebbe ottenuto una confessione da me. Mi avvicinai a lei.

Indietreggiò: "...non avvicinarti, porco!"

"Chiara, stai bene?" - le dissi con tono serio - "Entri, dici di sapere non so che, di aver visto non so cosa...mi dai del maiale..."

"Ho visto te e mamma che vi baciavate..." - mi rispose con rabbia - "...sei un porco!"

A quel punto si scagliò contro di me provando a darmi uno schiaffo. Erano ormai lontani i tempi in cui le prendevo da lei, adesso ero molto più agile e forte: le bloccai prontamente il polso. Mosse allora una gamba in avanti per tentare di darmi una ginocchiata sui testicoli, ma con una rapida mossa di gambe schivai anche quel colpo. Provò allora ad assestarmi un pugno in pieno petto senza riuscirci. In pochi istanti la immobilizzai bloccandole entrambe le mani contro la schiena e premendola contro la parete.

"Lasciami o mi metto a urlare!" - mi disse rabbiosa.

"Non lo farai." - le dissi senza muovermi di un millimetro: sapeva bene che urlando avrebbe attratto l'attenzione di chi stava sotto e dire quanto aveva visto, ammesso che fosse stata creduta, avrebbe fatto scoppiare un autentico casino. La conoscevo abbastanza da sapere che non era quello che voleva. Sapeva qualcosa ed era salita per venire a ricattarmi.

"Adesso ti calmi e poi mi dici cosa hai visto." - le risposi con voce suadente

"Lasciami andare!" - insistette ansimando.

"Sai che non lo farò..." - risposi spingendola con più forza contro la parete. Passarono alcuni minuti di silenzio interrotto solo dal suo ansimare.

"Stavi baciando mamma, in bocca, con la lingua..." - disse a voce bassa - "...come hai potuto! ...mia madre! ...una donna sposata!"

Provai a dare una spiegazione plausibile: "Mi stava insegnando a..."

"Non dire cazzate!" - mi interruppe alzando la voce. Era evidente che aveva visto molto di più: "Dopo esservi baciati l'hai spinta sul tavolo...le hai alzato la gonna...le hai spostato le mutandine, ti sei accovacciato e..." - si interruppe.

Mi aveva visto con la testa tra le gambe di zia, l'aveva vista godere della mia lingua. Aveva visto anche troppo.

"...è mia madre! Cazzo! Come hai potuto! È incesto!" - disse singhiozzando.

Provai allora a trovare delle giustificazioni più ragionevoli: "Chiara...zia è un essere umano, esattamente come me...sai bene che ad una certa età abbiamo determinate esigenze...non hai il diritto di decidere cosa devono fare o non fare gli altri, tantomeno puoi venire ad accusarmi di essere l'unico colpevole quando sai che certe cose si fanno in due...quanto all'incesto..." - stavo per aggiungere che si trattava solo di sesso orale ma evidentemente Chiara aveva intuito bene quello che stavo per dirle.

"...te la sei scopata!" - disse interrompendomi - "...non te ne uscire con altre cazzate! Avete scopato davanti ai miei occhi...e le sei pure venuto dentro!"

Ok: aveva visto tutto.

Decisi allora di rigirare la frittata:" Perché non ci hai interrotti?" - le chiesi.

"C...cosa?" - balbettò presa alla sprovvista.

"Se è vero che ti ha fatto schifo quello che hai visto, che è immorale...perché non ci hai fermati?" - la incalzai.

Conoscevo già la risposta: Chiara ha da sempre il terrore di deludere o peggio fare incavolare zia. Interromperci avrebbe significato rompere quello strano equilibrio che aveva con lei, mettere in discussione la moralità e l'operato di mia zia. No, a Chiara non importava colpire sua madre, era venuta a cercarmi con l'intento di usare quanto visto per colpirmi, per farmi sentire in colpa, magari ricattarmi.

Aveva sottovalutato però un piccolo particolare: vederci fare sesso non l'aveva lasciata indifferente.

"Io...io non..." - fu incapace di aggiungere altro.

"Te lo dico io perché non ci hai interrotti: quello che hai visto ti piaceva" - le dissi. I movimenti del suo corpo non mentivano: sebbene si sentisse a disagio era quella la verità.

Si irrigidì: "ma...cosa...cosa dici?"

"Hai goduto a guardarci scopare... probabilmente hai iniziato ad immedesimarti...chissà...probabilmente ti sei toccata..." - deglutì. Stava confermando tutto quello che le avevo detto.

Lasciai libera una delle sue mani per poter andare ad infilare una mano tra le sue gambe, facendomi strada tra la parete e il suo corpo.

"N...no!" - disse. Con la mano libera raggiunse la mia tra le gambe senza però tentare di bloccarla: piuttosto che afferrarmi il polso poggiò semplicemente la sua mano sulla mia.

"Eri infoiata da morire ne vedere il mio cazzo lucido affondare dentro quella fica..."

Affondai il mio pacco gonfio tra le sue natiche, facendole sentire quanto fossi eccitato. Dentro di lei si stava consumando una battaglia: negare di aver provato piacere o lasciarsi andare e godere liberamente.

"Sei riuscita a venire? ...hai goduto nel vedermi sborrare dentro zia?" - continuai ad incalzarla.

"Sme...smettila!" - balbettò.

"Hai desiderato esserci tu su quel tavolo, a gambe aperte, a farti sfondare la tua tenera fica dal cazzone del tuo cuginond!" - mossi la mano tra le sue gambe riuscendo a sollevare il vestito e arrivando alle sue mutandine: era completamente bagnata.

"Sei un porco!" - mi sussurrò con poca convinzione.

"E tu una troietta!" - i movimenti del suo corpo confermavano la mia ipotesi: cercava di muovere il pube nel vano tentativo di un contatto più deciso con la mia mano. Iniziai a masturbarla da sopra la stoffa delle mutandine.

"L'ultima cosa che vuoi è che zia Rita sappia che tu sai...vero?"

Rispose con un cenno della testa.

Mentre la masturbavo lentamente cominciò a confessare di volermi mettere con le spalle al muro, di farmi sentire in colpa e infine iniziare a ricattarmi. Cominciò ad ansimare.

"Ti...ti prego...smettila!" - mi disse con un fil di voce mentre spingeva con forza la sua mano sulla mia impedendomi di toglierla.

"Ammettilo, vuoi scopare." - le dissi senza ulteriori giri di parole.

Si arrese: pggiò la fronte contro la parete iniziando ad ansimare sempre più forte. Le lasciai andare anche l'altra mano a riprova che se avesse voluto bloccarmi, con entrambe le mani libere ci sarebbe riuscita. Poggiò invece la mano sulla parete mentre con il bacino continuava a seguire i movimenti delle mie dita.

Raggiunsi con la mano libera il seno iniziando a torturarle il capezzolo mentre con l'altra riuscì a spostare quell'ultimo lembo che divideva la mia mano dal suo sesso. Appena le sfiorai il clitoride Chiara iniziò a venire. Un "ah...ah..." ritmato usci dalla sua bocca mentre l'orgasmo si impossessava del suo corpo. Le vennero meno le gambe. Fortunatamente riuscì a bloccarla per i fianchi prima che scivolasse a terra.

Restammo fermi in quella posizione finché si riprese. Poi, quasi fosse ipnotizzata, si tirò giù le mutandine e si andò a sedere sul tavolo nell'esatta posizione in cui aveva visto mia zia: voleva rivivere la scena ma da protagonista, esorcizzando in modo definitivo quegli istanti che l'avevano sconvolta profondamente. Feci esattamente le stesse cose: mi avvicinai a lei, la baciai in bocca con foga per poi inginocchiarmi e leccarle con passione il sesso. Venne nuovamente dopo pochissimi minuti.

Si sdraiò sul tavolo aprendo ancora di più le gambe e offrendomi una vista ancora più spettacolare del suo sesso grondante di umori.

Mi rimisi in piedi, tirai giú i pantaloni e le mutande e dopo aver strusciato un paio di volte il mio glande sul suo sesso iniziai ad affondare dentro di lei.

"Fai piano..." - mi sussurrò.

Era stretta, terribilmente stretta, ma anche calda e accogliente. Man mano che la penetravo avevo la sensazione di stare indossando un guanto, una guaina perfetta per la mia mazza. Chiara accompagnò la penetrazione con un lungo "oh". Piccole lacrime che rigavano i suoi zigomi mi confermarono che quella era la sua prima volta. Arrivai fino in fondo e mi bloccai dentro di lei.

Si rilassò un poco aspettando che iniziassi a muovermi dentro di lei. Estrassi la mia mazza con la stessa lentezza con cui l'avevo infilata: lucida dei suoi umori presentava un piccolissimo rivolo di sangue.

Affondai nuovamente in lei, questa volta con maggiore decisione. Chiara rispose con un sussulto.

Procedetti con altri affondi: la carne di mia cugina si adattò rapidamente al mio sesso che cominciò a scivolare dentro di lei senza incontrare alcuna resistenza.

"Fai attenzione..." - mi sussurrò ad un certo punto con un filo di voce - "...non prendo la pillola!".

Le assestai allora un colpo deciso, potente secco, che la fece sobbalzare e gemere.

"Chi è che comanda qui?" - le dissi con tono autoritario. Non rispose.

Affondai di nuovo dentro di lei con la medesima violenza. Ancora una volta Chiara gemette di piacere.

Cominciai a penetrarla con violenza, afferrandola per i fianchi e sbattendola con forza. Il tavolo sotto di noi aveva iniziato a scricchiolare, accompagnando i gemiti di mia cugina e il suono della mia pelle che sbatteva contro la sua. Chiuse gli occhi e venne: il suo primo orgasmo durante la penetrazione.

Ansimante e sudata Chiara era ormai totalmente sotto al mio controllo.

La sollevai tra le mie braccia e, senza uscire da lei la adagiai sul divano.

Cominciai a fotterla nuovamente con la forza e la violenza di prima. In pochi istanti Chiara tornò a rispondere ai miei colpi con gemiti sonori.

"Troia!" - le dissi, mentre con le unghie si avvinghiava a me e apriva le gambe per permettermi una penetrazione più profonda.

"Chi è che comanda qui?" - tornai a chiederle aumentando il ritmo

Sentìi che era nuovamente prossima all'orgasmo. Avvicinò la bocca al mio orecchio e tra un gemito e l'altro mi implorò di non fermarmi e di venirle dentro per poi lasciarsi travolgere dall'ennesimo orgasmo.

La accontentai: iniziai a schizzarle dentro assestandole un ultimo profondo colpo e bloccandomi dentro di lei. Arresa alla mia volontà cominciò a sussurrare "sì" ad ogni fiotto che sentiva dentro di sé.

Bussarono alla porta.

"Tutto bene lì?" - era la voce di mia madre

"Sì" - rispose Chiara cercando di non far trasparire alcuna emozione

"Chiara, i tuoi stanno per andar via..." - aggiunse mia madre

"Ok, due minuti e scendiamo..." - rispose prontamente.

Mi alzai e andai a prendere un rotolo di carta igienica che tenevo in un angolo per le emergenze. Prima di porgerglielo mi soffermai a guardarla: seminuda, con la sborra che le colava dalla fica e l'espressione sfatta era il ritratto perfetto della donna domata e sottomessa. Probabilmente capì cosa stavo pensando.


Mi guardò con aria seccata, aspettando che le passassi la carta igienica, si ripulì e infine si alzò per andare a recuperare le mutandine.

"Stronzo!" - mi disse mentre si rivestiva.

Mi alzai di scatto, la raggiunsi e la spinsi contro la parete mettendole una mano al collo.

"Ti avevo detto di non venirmi dentro... potresti avermi messo incinta!" - protestò.

Le strinsi il collo con più forza. Sgranò gli occhi.

"Chiara, quello che è accaduto non è stato un gioco: da oggi dovrai portarmi quel rispetto che in questi anni è mancato nei miei confronti. Sono stato chiaro, troietta!" - non aggiusi altro: il suo volto paonazzo e l'espressione di paura sul volto furono la sua tacita risposta.

Tornammo di sotto con gli altri che nel frattempo si erano attardati in chiacchiere. Per tutto il tempo Chiara non mi staccò gli occhi di dosso. Nel suo sguardo leggevo rabbia, la rabbia di chi s'è dovuta arrendere a chi non era più in grado di sottomettere.

Al momento dei saluti Chiara mi diede un bacio sulla guancia sussurrandomi "non finisce qui, lo sai?".

Sorrisi: probabilmente ci sarebbe stato un seguito interessante a quella scopata.

Una settimana dopo zia telefonò stranita per il comportamento inusuale di Chiara e chiese di parlare con me: "...ha iniziato a chiedere le cose per favore, è meno scorbutica con tutti, ha iniziato ad aiutarmi nelle faccende di casa senza che io glielo chieda...credo abbia trovato un ragazzo...mi ha anche chiesto di accompagnarla dal ginecologo per farsi prescrivere la pillola...tu ne sai nulla?"

"Perché lo chiedi a me?" - cercai di fare il vago

"Non so...ho pensato che l'altra sera in soffitta sarà venuta a chiederti qualcosa...lo psicologo in famiglia sei tu!" - rise

"Se è meno scorbutica c'è solo da guadagnarci..." - la tranquillizzai accompagnando la sua risata con la mia - "...comunque no, non so nulla".

(continua...)

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