La cognata novella (completo)

Prima di tre parti di un racconto che parla del difficile rapporto tra il protagonista e la sua futura cognata.

Legato al letto come un salame, nudo come un verme e con la bocca tappata. Potrebbe essere una eccitante scena sadomaso, se non fosse che nella stanza nessuno sta godendo nel farmi questo e tantomeno sta piacendo a me. Se avessi saputo che sarebbe andata a finire così probabilmente non avrei accettato di seguirla. Lei si chiama Deb ed è mia cognata.

Tutto è iniziato quando mio fratello Max l'ha conosciuta: Deb era una meravigliosa biondina dagli occhi azzurri che lo aveva completamente stregato. Ok, sto esagerando: mio fratello non è un citrullo, ha sudato sette camicie per attrarre l'attenzione di Deb e farla innamorare. Ma nella coppia c'è sempre chi prevale sull'altro e da questo punto di vista ho visto sempre Max succube delle decisioni prese da Deb.

Dopo il classico periodo di fidanzamento e di uscite con gli amici arrivò il fatidico giorno in cui decisero di sposarsi. Si presentarono a casa dei miei per comunicare la notizia e parlare del loro futuro, mentre io mi trovavo in garage ad armeggiare con il motorino. Al mio rientro in casa, Deb si alzò dal divano per venirmi incontro con un gran sorriso. Mi abbracciò calorosamente, dandomi un sonoro bacio sulla guancia come se fossi un qualche suo parente che non vedeva da chissà quanto tempo.

Rimasi a guardarla meravigliato: non era da lei quel modo di fare così espansivo nei miei confronti, almeno non lo era stato fino ad allora e, a dirla tutta, non nascondo che ricevere un tale trattamento da una donna così bella come Deb mi aveva messo abbastanza a disagio.

"Che...succede Deb?" - balbettai sorpreso.

"Succede che tua cognata ti sta salutando!" - rispose prontamente mia madre prima che Deb potesse dire qualcosa - "Tuo fratello si sposa, non hai sentito?"

"Ah, e con chi?" - risposi completamente disorientato.

Vi lascio immaginare le risate che seguirono e la serata che passai a essere preso per il culo da tutti.

Da quel giorno, con la scusa dei preparativi per il matrimonio, Deb cominciò a torturarmi: quasi ogni giorno passava dall'officina di papà, dove lavoro, chiedendo a mio padre se mi poteva 'sequestrare' per aiutarla nelle sue faccende. Ovviamente papà mi obbligava a mollare tutto e a seguirla: per lui le esigenze della sua futura nuora venivano prima di ogni cosa, anche prima della vita privata. E così Deb mi trascinava in giro per la città, spesso anche in compagnia delle sue odiosissime e petulanti amiche. C'era da cercare l'appartamento perfetto per i novelli sposi, la lista di nozze perfetta, i mobili perfetti (per una casa immaginaria), e poi ancora l'appuntamento con la sarta, il gruppo musicale, il fioraio e altre mille cose che avrei lasciato volentieri a mio fratello Max, se non fosse che lui era impegnato con il suo complicatissimo lavoro di impiegato delle poste.

Non vi dico le scenate della mia ragazza che mi accusava di essere assente e, quando stavamo insieme, di parlare sempre e solo di Deb. Inutile convincerla che ero vittima della mia famiglia e che davvero non vedevo l'ora di vederla sposata con Max, inutile spiegarle l'inferno che vivevo per colpa dei capricci di Deb: il salone troppo piccolo, la cucina troppo grande, la fantasia del servizio di piatti troppo banale, i fiori troppo poco fiori e una sfilza di cose capaci di mandare in bestia quasiasi uomo, soprattutto quando lei e le sue amiche cominciavano a guardarmi come un marziano solo per aver espresso un'opinione diversa dalle loro. Il peggio arrivò con la scelta dell'abito da sposa e della lingerie che Deb avrebbe indossato la prima notte di nozze. Speravo che si affidasse alle amiche, a mia madre o magari alla sua. E invece no. Deb, a sorpresa, o forse meglio dire "a tradimento", mi trascinò all'atelier mettendomi di fronte al fatto compiuto: "Mi aiuterai a scegliere quello che metterò il giorno del matrimonio e...quello che mostrerò la notte"

"Deb! Tu sei più fuori dei balconi dei palazzi di via Roma! Ma che ti salta in mente?!?" - le urlai disperato - "Non sta bene! Non posso fare una cosa del genere, mi mette a disagio!"

Provai a convincerla del fatto che fossi la persona meno indicata per quel tipo di cose, che avrebbe dovuto chiedere a sua madre o alle sue amiche. Mi rispose senza mezzi termini che quel giorno e soprattutto quella notte sarebbe dovuta piacere ad un uomo, al suo uomo, e che pertanto aveva bisogno del parere di un maschio. Ma non era tutto: secondo lei avrei dovuto pure ringraziarla perché non si era portata dietro amiche, genitori e suoceri che avrebbero potuto prendermi in giro per l'imbarazzo che sicuramente avrei provato. Almeno su questo aveva ragione: vederla girare seminuda davanti a me era l'ultima cosa che volevo. 

Passammo mezz'ora a discutere animatamente; di fronte alla fermezza di Deb provai anche a telefonare a Max nel disperato tentativo di trovare qualcuno che mi desse ragione. Venni liquidato da mio fratello con un secco "lo devi fare".

E così, paonazzo in volto, con la gola secca e i pantaloni gonfi, dovetti sorbirmi 4 ore di prove di abito, costretto a vederla più volte semisvestita. Non vi dico poi il supplizio della lingerie. Sentivo il pisello scoppiarmi nelle mutande mentre Deb con un sorrisino diabolico continuava a chiedermi se era meglio il corpetto bianco piuttosto che il reggiseno semitrasparente con reggicalze abbinato. Tra le gambe avevo un'erezione così potente da essere costretto a volte a piegarmi in due per il dolore.

Tornati a casa, corsi in camera mia a sfogarmi, mentre Deb, andata in cucina per salutare mamma, fu invitata a fermarsi per pranzo.

Iniziai a segarmi senza preoccuparmi di chiudere a chiave la porta; a casa mia è infatti buona abitudine bussare e attendere prima di entrare. A quanto pare non a casa di Deb che, con la scusa di sincerarsi che stessi bene, aprì di colpo la porta proprio nell'istante in cui, seduto sul letto, iniziai a venire. Avrei preferito un infarto fulminante o che la terra si aprisse sotto ai miei piedi e mi ingurgitasse piuttosto che vivere quella scena penosa: cominciai a schizzare davanti ai suoi occhi incapace di fermarmi. "Deb! Ma che cazz..." - fu l'unica cosa che riuscii a dire mentre gli schizzi di sperma finivano dappertutto.

Mi lasciai cadere sul materasso privo di forze. Chiusi gli occhi. Non riuscivo a credere a quello che era appena accaduto: avevo sborrato sotto gli occhi della mia futura cognata che, dopo aver assistito a quell'indecente spettacolo, senza dire nulla era andata via lasciandomi da solo con la mia vergogna. Pulìi nel migliore dei modi il disastro che avevo combinato e, preso coraggio, raggiunsi i miei e Deb in cucina per pranzare.

Qualcosa era cambiato in lei.

"Deb, cara, non ti senti bene?" - le chiese mia madre, accortasi del colore paonazzo del suo viso

"No, tutto bene, signora..." - rispose - "...probabilmente un po' di stanchezza..."

Per la prima volta leggevo sul suo volto il disagio: lo sguardo fisso sul piatto, il volto rosso e il tono imbarazzato furono una sua costante per tutto il pranzo. Mia madre, preoccupata, cominciò a sospettare che fosse accaduto qualcosa tra me e lei. E siccome il combinaguai in famiglia ero sempre io, mi prese da una parte e senza mezzi termini mi disse che se Deb fosse uscita di casa senza che io mi fossi scusato con lei sarei stato un uomo morto.

Dopo il dessert e dopo essere stato fulminato per l'ennesima volta dallo sguardo assassino di mia madre, chiesi a Deb se mi poteva seguire in camera per parlare.

"Cer...certo" - rispose balbettando e rischiando di strozzarsi con l'ultimo boccone di torta.

Mi alzai e mi diressi in camera mia, sicuro che mi avrebbe presto raggiunto. Camminai nervosamente nella stanza cercando di trovare le parole giuste da dirle. Non ce ne fu bisogno. 

Mi ritrovai di colpo faccia a faccia con lei: "Perdonami..." - mi disse espressione seria - "...non ho capito quanto fosse stato difficile per te finché...beh, finché ti ho visto..."

Il suo viso tornò ad arrossarsi.

"...sborrare come la fontana della piazza!" - aggiunsi senza pensare a quello che mi era appena uscito di bocca.

Un piccolo sorriso le si disegnò sul viso. Pian piano iniziò a ridere e io con lei. Una risata sempre più forte e trascinante che poco a poco ci fece accasciare a terra. Ridemmo come se non ci fosse un domani esorcizzando quanto era accaduto quella mattina. Ci volle un po' di tempo per poterci riprendere da tutte quelle risate a cui si erano aggiunte quelle della confessione di Deb che stava per farsi la pipì addosso.

Con ancora le lacrime agli occhi, mi abbracciò forte dicendomi: "Sei un bravo ragazzo. Mi dispiace aver approfittato di te. Pensavo potesse farti piacere aiutarmi...probabilmente i tuoi hanno enfatizzato troppo sulla tua disponibilità....e poi...mi sono fatta prendere la mano e ho esagerato io...senza pensare che sei un uomo e che vedermi svestita poteva essere troppo"

Concluse la frase con un bacio sulla guancia. Mi sembrò un bacio più intenso del solito...probabilmente si trattava di una mia suggestione. Mi tenne stretto per un tempo che mi sembrò eterno, dicendomi "ti voglio bene".

"Ok Deb..." - le risposi cercando di tranquillizzarla - "...adesso conosci bene i miei limiti".

Mi diede un altro bacio sulla guancia, lungo, dolce, facendomi sentire chiaramente la morbidezza delle sue labbra.

Infine ci rialzammo. Lentamente l'accompagnai verso la porta di casa dove mia madre l'aspettava per congedarsi da lei. Dopo che uscì partì l'improvviso e violento cazziatone di mia madre: "L'hai fatta piangere! Guarda che mi sono accorta delle lacrime agli occhi!" - cominciò ad urlare e a inveire contro di me.

Inutile spiegarle che in camera mia avevamo riso a crepapelle: per punizione venni recluso in camera fino a sera, quando, con il rientro di Max e di mio padre ricevetti una seconda ondata di rimproveri e insulti. Il gran finale fu la violenta lite a telefono con la mia ragazza che avrebbe voluto uscire con me proprio quella sera. Sentìi crollarmi il mondo addosso quando il "vaffanculo" concluse quella telefonata che poteva rappresentare la fine della mia storia con la mia ragazza.

Dormìi poco e male, incapace di realizzare quanto assurda fosse quella situazione. L'indomani papà mi obbligò a rimanere in casa: "Non ti ci voglio in officina finché non hai fatto pace con Deb!"

Mi rassegnai e aspettai che le cose si chiarissero. Deb, passata dall'officina con il solito intento di sequestrarmi non mi trovò; mio padre le raccontò delle lacrime e lei, sorridendo, lo tranquillizzò spiegando l'accaduto. Poi corse a casa mia per chiarire con mamma e infine venne a bussare alla porta della mia camera. Mi trovò seduto sul letto con l'espressione sconsolata.
 
"...hai per caso visto l'uomo fontana?" - chiese, con fare divertito.
"Deb!" - le risposi seccato cercando di farle capire che non era il caso.
"Ho chiarito tutto con i tuoi, sei un uomo libero. Libero di poter portare i tuoi zampilli fuori da questa camera" - continuò insistendo a prendermi ancora in giro.
"Deb...non fa ridere!" - le risposi tentando di trattenere il sorriso.
"Eddai Zampillino...ascolta...per farmi perdonare oggi ho preparato una giornata solo per te"
La guardai con fare interrogativo: "Come solo per me?"
"Vestiti e vieni con me, Zampillino, ti assicuro che non te ne pentirai!"

La giornata "tutta per me" fu una gita alle terme: fanghi, massaggi, idromassaggio, sauna, percorsi relax e cestini di frutta. Essendo un giorno feriale le terme erano praticamente tutte per noi. Deb con quel delizioso bikini celeste che metteva in risalto i suoi occhi era uno splendore. Abbassai la guardia e pian pianino cominciai a raccontarle di me e lei fece altrettanto della sua vita. Ci trovavamo in piscina quando appresi della morte prematura del suo fratello minore quando lei aveva solo 15 anni e lui 13. Mi spiegò quanto era legata a lui e infine mi confessò che con il passare del tempo aveva cominciato a identificarmi, seppur in modo inconscio, in lui. Notai una piccola lacrima uscire dai suoi occhi lucidi. Spinto da un impulso inspiegabile l'abbracciai e le baciai quello zigomo su cui la lacrima si stava facendo strada. Tutto l'odio che avevo provato per Deb era improvvisamente sparito: di fronte a me c'era una donna vulnerabile e non la persona capricciosa e sicura di sé che conoscevo fino a quel momento.
 
"Ti voglio bene, Zampi" - mi sussurrò
Il suono di quel nuovo modo di chiamarmi interruppe il momento speciale: "Potresti smetterla di chiamarmi Zampi?"
Deb sorrise: "Non lo farò mai!"
"Mi metti a disagio, sai?" - cercai di insistere
"Lo so ma...nessun ragazzo prima d'ora era venuto in quel modo per me..." - le sue parole avevano cominciato ad eccitarmi
Mi mise una mano tra i capelli e aggiunse: "...è il miglior complimento che un uomo possa fare a una donna...lo sai?"
Mi resi conto che eravamo troppo vicini, troppo poca era la distanza tra le mio bozzo del costume e il suo addome per non accorgersi che mi ero eccitato.
"Deb..." - balbettai arrossendo.
"Uhmmmm...hai un pennarello in tasca o sei contento di vedermi?" - mi rispose citando la celebre battuta di un film comico.
 
Iniziammo a ridere e a tirarci l'acqua addosso giocando come dei ragazzini.
"Pensavo fossi capace di zampilli migliori, Zampi" - mi apostrofava cercando di far finta che l'acqua che le lanciavo non le desse fastidio.
 
Passammo il pomeriggio a mollo continuando a parlare del matrimonio e dei preparativi. Entrai così tanto in sintonia con lei da arrivare a confessarle tutto quello che non andava in lei: i suoi capricci. Deb cercò inizialmente di giustificarsi ma, seppur con un po' di fatica, riconobbe di aver sbagliato. Si scusò guardandomi con i suoi irresistibili occhi cercando di fare la drammatica: "Riuscirai mai a perdonarmi, Zampi? "
L'afferrai per le spalle e la spinsi sott'acqua a tradimento. Iniziò l'ennesima battaglia di schizzi.

Da quel momento il mio rapporto con Deb cominciò a cambiare. Mi rassegnai ai suoi "Zampillino" o "Zampi" che, diventati di pubblico dominio, vennero accettati e, aimé, usati dal resto della mia famiglia ignara del significato e dell'origine di tali soprannomi.

Deb continuò a venirmi a requisire in officina per andare a sbrigare le sue faccende ed io cominciai a seguirla con meno remore. Superai quasi indenne anche il giorno della prova finale dell'abito e dell'intimo. Questa volta la fuga in camera mia al termine della giornata non fu seguita da momenti imbarazzanti se non da un sorrisino di Deb durante il momento del saluto.
Dopo avermi buttato le braccia al collo con l'atteggiamento di riconoscenza per la pazienza e il tempo dedicatole mi sussurrò: "Hai zampillato bene?" - facendomi arrossire di colpo
"Oh...fa di nuovo il timidone!" - esclamò mia madre credendo che fosse stato l'abbraccio di Deb ad avermi messo a disagio.

Arrivò il giorno del matrimonio, la festa, i parenti, i saluti e infine, dopo qualche giorno, la luna di miele. Sembrava tutto perfetto: tutti erano felici e anche Deb sembrava esserlo. La sua assenza e il ritorno alla routine normale mi consentì di riallacciare i rapporti con la mia ragazza e con la mia vita di sempre. Al rientro dalla luna di miele le cose però tra Max e Deb sembravano essere cambiate e anche il loro atteggiamento nei confronti degli altri: mio fratello era abbastanza scontroso e lei, molto fredda nei miei confronti, aveva perso l'abitudine di usare "quel" soprannome.
 
Passarono i mesi e le cose non sembravano migliorare: a pranzo e a cena Max e Deb, quando non erano ospiti, diventavano l'unico argomento di discussione tra i miei, preoccupati che il loro matrimonio potesse naufragare. 
 
Spesso e volentieri mi tiravano in mezzo ricordandosi della complicità che c'era stata tra me e Deb prima del matrimonio: "Tuo fratello continua a tacere su quello che sta succedendo a casa sua, devi parlare con Deb!" - continuavano ad insistere
"Sono affari loro!" - continuavo a ribattere pensando non fosse giusto impicciarmi dei loro problemi.

Finché un giorno: "Pronto... sì, sono Deb...ascolta: Max è fuori per un corso di un paio di giorni...avrei piacere che venissi a cena qui da me" - fu in buona sostanza il contenuto della telefonata che Deb mi fece quella mattina prima che uscissi di casa per andare in officina.
Cercai di prendere tempo con un "Ok, ti faccio sapere"; il mio sesto senso mi spingeva a non accettare.
Ma Deb, decisa a usare la strategia di sempre, si presentò in officina all'ora di chiusura e raccontò dell'invito a mio padre.
"Vai, chiudo io!" - fu il suo ordine perentorio nei miei confronti. Non ci fu verso di convincere mio padre che sarebbe stato meglio se fossi passato da casa per darmi una ripulita. Deb mi rintuzzò subito dicendo che a casa aveva asciugamani e tutto l'occorrente per la mia "ripulita".

Arrivati a casa Deb mi lasciò libero di farmi la doccia nel bagno attiguo alla loro camera da letto, lasciandomi il ricambio sul letto. Cenammo in silenzio. Era palese che Deb aspettava il momento giusto per esplodere.
"Mettiti comodo sul divano, ti raggiungo appena finisco di rassettare la cucina" - mi disse.
Non ebbi il tempo di arrivare in salotto che un enorme rumore di cocci a terra provenne dalla cucina.
"Deb!" - urlai, preoccupato che le fosse successo qualcosa. La raggiunsi correndo. Era in ginocchio con alcuni piatti rotti sul pavimento, le mani tremanti.
"Tutto bene?" - fu la mia stupida domanda di circostanza.
Non mi rispose. Rimase immobile, singhiozzando.

Mi inginocchiai e la abbracciai da dietro. Il mio gesto fece saltare il tappo: iniziò a piangere senza freni, si girò verso di me buttandomi le braccia al collo.
"Oh Zampi...non ce la faccio più...non mi vuole...non mi vuole!" - cominciò a dire disperata.
Il fatto che si ricordasse ancora il mio nomignolo mi sembrò buon segno.
"Mi sei mancato Zampi...avresti dovuto venire con noi...avresti dovuto vedere cosa è diventato tuo fratello Max...non mi vuole, non mi vuole!"
La lasciai sfogare un po' poi, con un gesto deciso delle braccia la presi in braccio e lentamente la portai sul divano.
"Vuole un figlio...continua a chiedermi di fare un figlio...facciamo l'amore e alla fine si accascia accanto a me e mi guarda come se toccasse a me concludere il lavoro..." - iniziò a raccontare continuando a singhiozzare.
"Tornati dalla luna di miele è diventato un inferno...ogni scusa era buona per chiedermi se fossi rimasta incinta...ho comprato mezza farmacia tra test, aggeggi che calcolano l'ovulazione e così via..." .
Interruppe il racconto per piangere un altro po'.
"...più passava il tempo più tuo fratello è diventato scontroso...gli ho proponevo di andare da uno specialista per controllare se ci fossero problemi di fertilità e lui s'è trasformato in una belva accusandomi di voler dare la colpa a lui...".
Ancora una volta interruppe il racconto per stringermi forte: "...non ce la faccio più...ti giuro, Zampi...non posso parlare di dottori, ho iniziato ad andare da un terapista, la notte devo prendere tranquillanti altrimenti non riesco a chiudere occhio, comincio a rigirarmi nel letto e Max comincia a urlarmi che vuole dormire..." - altri singhiozzi e lacrime, così tante da bagnare i suoi capelli e la mia maglietta
"...sto prendendo degli psicofarmaci di nascosto da lui, Max...non ce la faccio più... qualsiasi cosa faccia mi sento in colpa, mi sento una ladra...Zampi...tu..." - mi guardò un istante negli occhi - "...tu devi aiutarmi!"
 
La guardai con fare interrogativo. Si stava sfogando con il mio aiuto, certo, ma non credo fosse quello il tipo di aiuto che mi stava chiedendo in quel preciso istante. Prima che potessi proporle di accompagnarla ad una clinica della fertilità o mettermi a disposizione per aiutarla di nascosto si lanciò su di me: prendendomi il viso tra le mani mi diede un bacio sulla bocca.
 
Cercai inutilmente di divincolarmi. "No...Deb...no!" - riuscìi a dirle tra un bacio e l'altro fino al momento in cui riuscìi a fermarla - "...non dobbiamo...non possiamo...è mio fratello...non posso fargli questo...ti aiuterò a risolvere il problema, te lo giuro! Ma non in questo modo!"
 
Lei nel frattempo continuava a guardarmi, la sua bocca a pochi centimetri dalla mia era un pericoloso invito a perdere la testa.
"Non ti piaccio più?" - mi chiese con un fil di voce
"Ma che stai dicendo? Certo che mi piaci!" - e, nel goffo tentativo di rendere più credibile quanto detto, aggiunsi senza pensarci su - "...mi masturbo ogni notte al pensiero di quel reggicalze che abbiamo comprato per la tua prima notte!"
Deb mi guardò in modo strano, serio, imperscrutabile, prima di esplodere in una sonora risata e abbracciarmi.
"Il mio Zampillino!" - esclamò tra una risata e l'altra.
 
Dopo essersi finalmente calmata Deb decise di tornare in cucina. La seguìi con l'intenzione di aiutare a pulire i cocci. Buttati i piatti nella pattumiera Deb mi disse: "Vai di là. Accendi la Tv. Finisco qui e ti faccio un caffè, ok?"
La lasciai fare sebbene avessi notato del nervosismo nei gesti e nell'espressione del suo viso.

Mi raggiunse sul divano con la tazzina fumante e cominciò a fissarmi.
"Deb, va tutto bene?" - chiesi stranito dal modo in cui mi fissava
"Sì, Zampi... perché non bevi?" - chiese guardando per un istante la tazzina
"Perché non voglio ustionarmi?" - le risposi sorridendo e soffiando leggermente sulla tazzina fumante.
Sforzò un sorriso, ma si vedeva chiaramente che era tesa. Iniziò a fissare la tv come estraniata di colpo dalla realtà. Per un attimo pensai fosse qualche effetto collaterale degli psicofarmaci.
 
Iniziai a sorseggiare il caffè.
"Zampi...non farlo" - disse continuando a fissare la tv.
Sorseggiai un altro po' di caffè pensando stesse parlando ad alta voce.
"Zampillo...non lo fare" - tornò a ripetere
"Deb...cosa non devo fare?" - chiesi allora
"Il caffè...non lo bere..." - disse tornando a guardare nella mia direzione con gli occhi lucidi - "...ci ho messo del sonnifero."
Fu una delle ultime cose che ricordo prima che la vista cominciasse ad annebbiarsi.

Mi svegliai legato al letto, completamente nudo e con un bel bavaglio che mi impediva qualsiasi suono della bocca. Ero sicuro fosse tutta opera di Deb.
Mi girai prima da un lato e poi dall'altro senza vederla, cercai di mugolare qualcosa ma inutilmente. In direzione del bagno, ai piedi del letto sentìi la sua voce: "Un attimo, amore mio, e sono da te..."
Dopo pochi istanti aprì la porta del bagno e avanzò leggermente. Indossava il suo vestito da sposa, quello che praticamente avevamo scelto insieme. Si era truccata e aveva messo lo stesso profumo del giorno del matrimonio.

Malgrado non avesse l'acconciatura di quel giorno e il viso mostrasse chiari segni del dolore che aveva vissuto di recente era bellissima. Salì lentamente sul letto mettendosi a cavalcioni su di me. Si piegò in avanti raggiungendo il mio viso con la sua bocca. Mi diede un bacio sulla fronte, poi uno sulla guancia: "Perdonami...la tua Deb è qui...con il vestito che abbiamo scelto insieme e..." - si interruppe per poter baciarmi il petto e tirare su un lembo del vestito. Mi mostrò il reggicalze e le calze che indossava il giorno del matrimonio
"...e la biancheria che ti ha mandato fuori di testa..." - aggiunse muovendo all'indietro il bacino alla ricerca del contatto con il mio sesso.

La pelle di quelle che dovevavo essere le sue natiche incontrò quella del mio pene: ero in piena erezione e sentivo lo stesso dolore che avevo provato quel giorno. Con una maestría incredibile riuscì a ruotare il bacino e fare in modo che il mio sesso trovasse la giusta via tra le sue gambe.
Chiusi gli occhi, rapito da un turbine di sensazioni meravigliose: la sua vagina rovente e completamente fradicia mi stava accogliendo dentro.
Completamente.
"Sto ovulando, Zampi...è il mio periodo fertile e voglio un bambino...da te..." - sussurro eccitata.
Quando sentìi il suo pube a contatto con il mio feci uno sforzo sovrumano per cacciare via l'immagine dei miei schizzi potenti direttamente nell'utero di Deb.

Tornai ad aprire gli occhi. Deb aveva gli occhi chiusi, il volto disteso, in estasi, probabilmente anche lei rapita dalle sensazioni di piacere. Era bellissima. Portò le mani dietro la sua schiena. Sentìi il suono della zip: si stava spogliando rimanendo impalata sul mio sesso.
Con gesti lenti e precisi riuscì a liberarsi del vestito rimanendo con il reggiseno e il reggicalze.
Tornò ad aprire gli occhi e a fissarmi: "La tua Deb è qui..." - sussurrò contraendo l'addome e con essi i suoi muscoli interni.
Mugolai di piacere: Deb sapeva muoversi senza muoversi.
"Ho seguito anche un corso di yoga particolare...uno di quelli in cui ti insegnano a far venire il tuo uomo in dieci secondi direttamente nell'utero..." - disse, contraendo e rilassando i muscoli interni - "...adesso ti faccio vedere cosa ho imparato..."
"Uno..." - iniziò a contare eccitata, contraendo nuovamente e rilassando i muscoli. 
"Due..." - sentivo di essere sul punto di perdere il controllo, combattuto tra il folle desiderio di godere e la razionale voglia di resistere.
"Tre..." - un improvviso dolore ai testicoli e l'impellente necessità di venire mi spinsero al punto di non ritorno
"Quattr....ohhh" - esclamò soddisfatta, mentre le esplodevo dentro come una fontana.
Le prime sensazioni che provai furono identiche a quel dannatissimo giorno in cui mi vide venire per la prima volta. Poi il piacere iniziò a diventare sempre più intenso...Deb continuava a contrarre e rilassare i muscoli interni anche durante il mio orgasmo, sussurrandomi "Vieni, Zampi, vienimi dentro!"
I piacere diventò così intenso che ad un certo punto persi conoscenza.
 

Ripresi conoscenza non so quanto tempo dopo. Mi ritrovai privo di bavaglio e libero di muovermi. Deb era accanto a me, seduta sul letto, che mi guardava in modo insistente e con l'aria preoccupata. Il mio sedere era completamente bagnato, probabilmente dall'enorme quantità di sperma che avevo schizzato, la schiena dolorante.

"Oddio, Zampillo! Come stai? Come ti senti? Hai bisogno d'acqua? Zucchero? Ma perché l'ho fatto? Sono una stupida! E se soffocavi?" - continuava a ripetere agitata

"Deb! Calmati!" - le dissi chiudendo gli occhi e sorridendo soddisfatto - "Pensa al fatto che mi hai provocato l'orgasmo più intenso della mia vita...qualcosa che probabilmente non proverò mai più"

Si distese accanto a me poggiando la testa accanto alla mia: "Beh...in effetti...mi hai letteralmente inondata...sembrava non finisse più..." - disse, prima di cambiar tono e iniziare di nuovo la dolorosa nenia - "...mi sento in colpa...Zampi io...io non volevo costringerti...fino all'ultimo non sapevo che fare...mi hai detto di no e...questa ossessione di Max di avere un figlio...Zampi, mi sta distruggendo...ho smesso di uscire con le amiche, vivo questo matrimonio come una colpa...ti ho violentato...ma...io non sono così..."

Iniziò a piangere.

La strinsi a me lasciando che si sfogasse.

Cominciai a carezzarle i capelli con dolcezza.

"Mi manca...mi manca la sua dolcezza...è un'eternità che non mi carezza come stai facendo tu..." - continuò singhiozzando.

La baciai sulla bocca. Un bacio tenero, delicato.

"Ma...che fai? ...dovrei farti schifo per quello che ti ho fatto!!" - protestò

"Shhhh" - la zittìi - "...adesso ti violenterò io, così siamo pari!"

Sorrise insieme a me.

Tornai a baciarla. Rispose al mio bacio delicato con altrettanta delicatezza. Cominciai a metterci passione e lei rispose assecondandomi. Dopo averle baciato la bocca, iniziai a spostarmi sulle guance sugli occhi e poi ancora il collo. La baciai dappertutto, facendo scorrere la mia lingua sulla sua pelle...lei rispose allo stesso modo. Finimmo per fare un meraviglioso 69, una gara a chi faceva godere di più l'altro.

Vinsi io: un orgasmo potente scosse il suo corpo impedendole di continuare a darmi piacere. La sentìi gemere e spingere con forza il suo sesso contro la mia bocca, mentre l'addome e le gambe venivano colti da spasmi improvvisi.

Lasciai che si riprendesse prima di distendermi su di lei e penetrarla.

Cominciammo a fare l'amore in un modo che mai avevo fatto prima di allora. Ci baciavamo e ci muovevamo all'unisono. Mi sorpresi nel vedere Deb ancora una volta venire dopo pochi colpi. Affondò di colpo le sue unghie sulle mie spalle, inarcando la schiena e reclinando indietro la testa.

I suoi muscoli vaginali cominciarono a contrarsi e rilassarsi come accaduto poco tempo prima.

Decisi di affondare il mio sesso dentro di lei e godermi quel lussurioso massaggio che in pochi secondi mi spedì al settimo cielo.

Venni, mentre lei, dopo essersi goduta gli ultimi scampoli del suo orgasmo iniziò a tempestarmi il viso di baci.

Mi accasciai su di lei, come un guerriero ferito in battaglia, ansimante, dolorante, ma felice di essere prigioniero del suo corpo.

Deb mi tenne stretto a me, una mano sulla schiena e l'altra tra i capelli.

"Ho sbagliato uomo...Zampi...avrei dovuto sposare te..." - mi sussurrò

Stava per riprendere con quei discorsi ossessivi sugli errori e sulle sue colpe. Cercai rapidamente la sua bocca per tappargliela con un bacio.

"Deb, abbiamo fatto l'amore...il resto non conta!" - le dissi interrompendo il bacio - "...abbiamo fatto l'amore!"

Continuai a ripeterglielo in modo ossessivo mentre cercava di obiettare, finché capì e sorrise.

"Resterai a dormire stasera?" - mi chiese, in preda all'ennesimo attacco di insicurezza.

"Non ti lascerei sola per niente al mondo" - la tranquillizzai

Passammo la notte a coccolarci e amarci. Deb riuscì a veniere altre due volte sotto i colpi incessanti della mia lingua. Si addormentò tra le mie braccia, con un sorriso rilassato che trasudava serenità. Seguirono altri due giorni interi insieme, senza uscire di casa, facendo l'amore più volte durante il giorno.

Tornato a casa raccontai ai miei dell'ossessione di Max di avere un figlio e soprattutto della violenza psicologica a cui aveva sottoposto la loro amata nuora. Quella sera Max, rientrato dalla trasferta, non avrebbe trovato Deb ad aspettarlo a casa ma i miei e i genitori di Deb, anch'essi informati dell'accaduto. La questione avrebbe potuto prendere le vie legali e Max ne sarebbe uscito bastonato per bene, pertanto, dopo essersi sorbito un enorme cazziatone da parte di tutti accettò tutto quello che gli venne imposto. Deb nel frattempo aveva preso l'indispensabile ed era venuta a stare da noi, ufficialmente nella stanza che una volta era di Max, praticamente nella mia stanza. Dormivamo insieme, facendo l'amore prima di addormentarci o appena svegli. Sebbene i miei vedessero Deb uscire la mattina dalla mia camera non facevano storie: avevo salvato la loro amata nuora da Max, orco malvagio, e ritenevano giusto che continuassi a proteggerla e a starle vicino.

La storia tra Max e Deb finì col divorzio, l'arrivo di un meraviglioso bambino di cui io sono il padre e il trasferimento di Deb e del sottoscritto in quella che una volta era la casa di Max e Deb e dove viviamo praticamente come marito e moglie.

Deb ha ritrovato finalmente la serenità perduta, ha smesso da tempo di prendere psicofarmaci e tranquillanti, ha riallacciato i rapporti con le sue amiche con cui spesso esce. Ha scoperto di avere un gran talento nella pittura e passa le giornate a coccolarmi e dipingere quadri.

Proprio qualche giorno fa ha terminato di dipingere la figura di una meravigliosa bambina dai capelli biondi e con gli occhi identici ai miei...me lo ha mostrato accarezzandosi delicatamente la pancia e sorridendo...

Ti è piaciuto?

Fammelo sapere via mail, tramite facebook o gli altri social: trovi le mie coordinate nella sezione contatti di questo blog